STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Nominativo:
Ambrosetti, Carlo
Descrizione Personaggio:
Discendente di famiglia di industriali luinesi
Luogo e Data di Nascita:
[Luino],  1924 [...]
Luogo e Data di Morte:
[Varese],  2007 [...]
Testo completo:
Riceviamo, a distanza di oltre due anni, un testo reso pubblico su un noto foglio locale luinese dagli amici di Carlo Ambrosetti in sua memoria, qualche tempo dopo la sua scomparsa nella primavera 2007. Speriamo di non fare cosa sgradita a chi lo conobbe, riproponendo quella breve commemorazione.



Per l’”Elio”, Mario e Carlo Ambrosetti

Ex-operai. Ex-dirigenti. Qualche raro e rado amico. Erano davvero in pochi, un mese e mezzo fa, ad accogliere Carlo Ambrosetti (1924-2007) nel suo ultimo viaggio a Luino. Il borgo di Luino, indaffarato in tutt’altro, la Luino “che conta”, magari la Luino che proprio sugli Ambrosetti contò, ai tempi, era altrove.
D’altronde, chi si ricorda ancora la non breve e non semplice storia degli Ambrosetti? Mario Ambrosetti, classe 1896 (nativo di Capolago, vi aveva visto la luce l’11 dicembre 1896), era sbarcato a Luino nel 1919. Uscito «da una famiglia di condizioni più che modeste», ragazzo dal «temperamento coraggioso, pugnace, ma anche riflessivo», aveva con tenacia conseguito il diploma di ragioniere a Varese, trovato impiego in banca. La guerra fu per Mario Ambrosetti un motivo di affermazione, nel bene. Sottotenente in trincea al comando di un plotone, alla testa poi di una compagnia di fanteria, ferito in combattimento, conobbe le sponde di un lago diverso da quello di nascita, venendo a Germignaga al comando del convalescenziario militare; e se il brillante stato di servizio durante il primo conflitto gli meritò una medaglia di bronzo e una d’argento al valore, sulla riva del Verbano, proprio a Luino, nel forte tessuto industriale costruito da comaschi e svizzeri, ma anche da imprenditori locali e arrivati dalle più distanti città (perfino Parigi, via Milano…) Mario Ambrosetti divenne artefice della propria fortuna.
«Verso la fine del 1919 impiantò un piccolo laboratorio di calzature, al quale, per ricordare un piccolo lago alpino sito nelle vicinanze, dette il nome di Calzaturificio Elio»: il complesso si avvaleva delle strutture dell’antica filanda Maghetti, appena sotto la Marsaglia, e partì con otto o dieci operai, presto divenuti una ventina. Il successo, pur macchiato dal lutto per la prematura scomparsa del fratello di Mario Ambrosetti, Carlo (1921), arrise subito al Calzaturificio Elio, sotto la guida trascinante di Mario Ambrosetti, unitosi nel frattempo – 1923 – a Jolanda Viola, tempra altrettanto forte di quella del marito.
Una decina d’anni dopo la fondazione, la famiglia era dunque cresciuta e l’impresa con essa: nacquero Carlo (1924), che ricordava nel nome lo zio scomparso, e Nina (1928); il Calzaturificio impiegava più di duecento operai, e aveva come primario committente l’Esercito Italiano. Con la tranquillità economica assicurata dalle ingenti commesse del Regio Esercito, Mario Ambrosetti poté dedicarsi a guadagnare fama al proprio calzaturificio con una produzione “civile” di alta qualità. Richiamato nel frattempo per la campagna militare in Africa Orientale (1935), ferito, impostò le linee direttive dello sviluppo dell’impresa sulla base solida dell’attenzione per il prodotto da una parte, e per le condizioni di lavoro e di vita dei dipendenti dall’altra. In analogia con quanto avevano fatto gli industriali “illuminati” dal pieno Ottocento, e a Luino Stehli, Steiner e altri, Mario Ambrosetti costruì case per i dipendenti (visto che le immediate vicinanze del Calzaturificio non lo consentivano, esse sorsero lungo quella che oggi è via Turati, dopo l’Ospedale) e istituì una mutua sanitaria sovvenzionata dalla ditta. Mosse che ricordano, in tempi simili e luoghi lontani, le iniziative simili degli Olivetti a Ivrea.

Il «temperamento coraggioso», ma riflessivo di Mario Ambrosetti riemerse una volta ancora nei cupi tempi dello sfascio seguito all’8 settembre 1943: proprio grazie alle commesse per il regime ottenute al Calzaturificio, al suo proprietario riuscì di evitare che molte maestranze venissero avviate al lavoro coatto nei campi di prigionia (o peggio) in Germania; Ambrosetti pagò l’aver giocato sul filo del rasoio con due arresti da parte delle SS e la lontananza del figlio, inviato in terra straniera per porlo a riparo dalle traversie di quel periodo.
Dopo la Liberazione, l’“Elio”, cresciuto anche dal punto di vista del complesso industriale (quasi seimila metri quadri) e degli impiegati (400 operai), avvia una produzione di qualità, «esportata nei paesi europei, una piccola aliquota nell’Africa del Nord, un’altra modesta aliquota nelle Indie Olandesi», sempre sotto la guida di Mario Ambrosetti. Un incidente d’auto priva all’improvviso il calzaturificio luinese del proprio fondatore il 27 ottobre 1952. Il figlio Carlo, preparato professionalmente dal padre nel caso di una successione alla guida dell’industria di famiglia, si trova a dover fronteggiare una situazione non facile. In una intervista rilasciata all’Ammonitore del 12 marzo 1954 (in occasione dell’inaugurazione presso l’”Elio” di un busto bronzeo del padre, opera scolpita da Angelo Frattini e ora conservata nella cappella funebre del camposanto luinese), Carlo Ambrosetti lamenta «le difficoltà di esportazioni […] sempre più gravi per i veti o gli elevati dazi protettivi che i governi stranieri applicano su ogni genere di merce altrui»; preoccupato quanto il padre di ben gestire il Calzaturificio, il poco meno che trentenne Carlo si dichiara però pessimista sulla congiuntura, nel caso non avvenga «qualche cosa di nuovo, di imprevisto e di imprevedibile, come diminuzione di gravami fiscali, premi agli esportatori, maggiore movimento di denaro». Parole presaghe del futuro del Calzaturificio luinese: la famiglia Ambrosetti, pur mantenendo la proprietà del marchio, comunque preoccupata dell’avvenire economico delle maestranze, cede l’impresa alla svizzera Bally. Seguono le ultime vicende dell’”Elio”, passato, prima della definitiva chiusura, ai Borri attivi tra Busto e Legnano.

Negli ultimi anni di vita, Carlo Ambrosetti sentiva ancora viva l’impossibilità di agire di quegli ultimi anni Cinquanta, di non aver potuto mettere un freno al declino dell’Elio. Perfino negli ultimi giorni di vita, sapendo che le ruspe stavano procedendo nei lavori di abbattimento e di sbancamento della manifattura (ma almeno la bella villa, nello stesso stile della palazzina direzionale del Calzaturificio, resta a testimoniare le ore serene degli Ambrosetti in riva al Verbano), egli ci raccomandava preoccupato che almeno una piccola traccia restasse, a ricordare la storia dell’impresa. Auspicando l’intitolazione di una rotatoria, o di un tratto di strada che porterà al nuovo complesso edificando sull’area dell’”Elio”, ci auguriamo che le memorie del calzaturificio, del capitano d’industria Mario Ambrosetti e del figlio Carlo non restino conservate nella penombra discreta di una cappella funebre.

[gli amici di Carlo Ambrosetti]

Autore:
[Cc Gg]
A Cura di:
   [Francesco Malingamba]

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Magazzeno Storico Verbanese

A tutti gli amici e studiosi che nel tempo avete condiviso o vi siete interessati alle attività della Associazione Magazzeno Storico Verbanese, dobbiamo purtroppo comunicare che in seguito alla prematura scomparsa di Alessandro Pisoni, la Associazione stessa, di cui Alessandro era fondatore e anima, non è più in grado di proseguire nella sua missione e pertanto termina la sua attività.

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Biografia Carlo Alessandro Pisoni

Carlo Alessandro Pisoni (Luino, 1962 - Varese, 2021). Seguendo le orme del padre Pier Giacomo, dal 1991 al 2017 è stato conservatore, per gentile concessione dei principi Borromeo, dell'Archivio Borromeo dell'Isola Bella. Appassionato studioso e ricercatore, ha sempre voluto mettere a disposizione degli altri conoscenze e scoperte, togliendo la polvere dai fatti che riguardano Lago Maggiore e dintorni; insieme a studiosi e amici, ha riportato alla luce tradizioni, eventi e personaggi passati dal lago, condividendoli con la sua gente.

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