Il Generale che diede nome alla ”Galleria Berthier” dell`Isola Bella
Louis-Alexandre Berthier, nato il 20 novembre 1753, la grandeur la dovette aver dinnanzi agli occhi sin da bambino: era nato a Versailles, figlio di un ingegnere dell`esercito reale, e non poté che venire instradato, presto, molto presto (a soli 13 anni!) alla carriera militare. A quella età era già ingegnere-geografo, a 17 anni divenne ufficiale. La grandeur, quello splendore della Versailles del Roi Soleil gli si infilò certamente nel sangue, e lo accompagnò per tutta la sua non lunghissima, ma intensa vita di militare, antico royaliste anche in periodo napoleonico, eppure ammesso da Bonaparte nella ristretta cerchia dei suoi fedeli marescialli.
Era logico: Berthier era il meglio preparato fra i marescialli dell`Impero. Aveva ricevuto il battesimo del fuoco durante la guerra d`Indipendenza americana dove combatté nel 1780; al rientro in Francia, nel 1783 era colonnello, a soli trent’anni. Poi, maggiore-generale della guardia nazionale di Versailles, nel turbine della rivoluzione, nel triennio 1789-1792, con un coraggio e uno spirito in controcorrente rari, si prodigò per proteggere la famiglia di Luigi XVI, favorendo meglio che poté la fuga delle sorelle del re dall’inferno della Francia in sollevazione. Eppure, venne “perdonato” per le sue forti simpatie monarchiche e reintegrato nel 1792 quale capo di stato maggiore di Kellerman. Aveva infatti singolari doti organizzative, e Napoleone se lo portò sempre al fianco, specie nelle campagne d’Italia. Non sbagliava, il console destinato a diventare imperatore dei Francesi: nella battaglia di Lodi (10 maggio 1796), egli era tra i quattro “regolari” prediletti dal Bonaparte (Massena, Berthier, Dallemagne, Augereau) che, con altri due comandanti delle legioni corsa e allobroga, nonostante la gragnuola di palle nemiche lanciavano avanti l’offensiva dei seimila granatieri mandati all’assalto del ponte sull’Adda. Il Berthier, unisce alle doti di buon organizzatore militare quelle di affidabile esecutore di ordini impartitigli dal Direttorio. Nelle rapide visite verbanesi del 1797 (in palazzo Borromeo, all’Isola Bella, per il semplice fatto di aver dormito nella galleria dei quadri antichi, a fianco della Alcova della Regina, gli venne tributato il duraturo onore di dedicargli quell’intera ala del piano nobile: che da allora, per una sola notte di sonno – e magari di qualche cosa d’altro, visto il vino corso a fiumi, e il codazzo di dame che i francesi si erano portati dietro nella visita – si chiamò Galleria Berthier!) egli si era reso conto di quanto vivaci (per usare un eufemismo) fossero gli animi e gli entusiasmi dei cisalpini nei confronti dello stato di Piemonte, che si voleva ad ogni costo giacobinizzare; nell’autunno del 1798 impose con precisione gli ordini pervenuti dai Direttorio parigino, perché gli esponenti della Cisalpina non si immischiassero negli affari politici dei paesi vicini, e si astenessero da qualsiasi propaganda, per non offrire pretesti di interventismo alla superpotenza austriaca. Aveva applicato la stessa efficace modalità anche nel dicembre precedente, quando (9 dicembre 1797) occupò Roma, esautorò il Papa Pio VI; a febbraio del 1798 Berthier proclamò la Repubblica Romana; giusto in tempo per rientrare a Milano, e sfoderare una volta ancora la tempra di militare: con un gesto imperioso, nel marzo di quello stesso 1798, comunicava al Direttivo della Cisalpina di risolversi, nel giro di 48 ore, ad approvare senza troppe storie il trattato di alleanza con la Grande Nation, la Francia.
Nominato nel marzo 1798 capo di stato maggiore dell`Armata d`Inghilterra, passò immediatamente dopo all`Armata d`Oriente, e raggiunse Bonaparte in Egitto. Il ritmo della sua vita non cambiò negli anni a venire. Berthier aiutò durante il coup d`état del 18 Brumaio (10 novembre 1799) e divenne ministro della guerra dal 11 novembre 1799 al 4 aprile 1800. Partecipò poi alla campagna d`Italia del 1800, all’inizio della quale dimostrò le proprie doti di grande organizzatore nell`attraversamento delle Alpi; nel corso della battaglia di Marengo (in cui fu ferito a un braccio) fu messo a capo dell`Armata di Riserva, pur agendo da capo di Stato Maggiore. Tenne dietro al turbine napoleonico nelle campagne militari, nei successi e nei disastri: combatté sui campi di Austerliz, Jena e Friedland, prese parte alla guerra in Spagna nel 1808, e in Austria nel 1809. Fu capo di Stato Maggiore anche in Russia (1812), in Germania (1813) e in Francia (1814), fino alla caduta dell`impero.
Nei giorni incerti che precedettero Waterloo, Napoleone mettendo insieme la propria trama di potere e di gloria travolgeva antichi compagni d’armi e generali. Tra essi, Berthier, come altri, aveva finito per dimenticare il proprio imperatore, nonostante i venti anni di militanza agli ordini di Napoleone, e le molte nomine e i titoli che aveva ottenuto durante l’impero: primo maresciallo dell`impero, duca di Valengin (1806), principe di Neuchâtel (1807), principe di Wagram (post 1809). Ma Berthier si era poi compromesso, giurando fedeltà al sovrano borbone a Compiègnes, e durante l`esilio di Napoleone, pur ritirandosi discretamente nei propri possedimenti, aveva addirittura fatto parte del corteo che accompagnava il nuovo re Luigi XVIII nel solenne ingresso in Parigi… Ora, dopo la fuga dall’Elba, Napoleone, nei Cento Giorni, non contava certo più su di lui; Berthier venne estromesso dal suo antico comando dello Stato Maggiore, che venne passato al maresciallo Soult.
Gli storici sono incerti sulle esatte cause della morte di Berthier, occorsa di lì a poco, il primo giugno 1815, nella sua residenza di Bamberga: chi pensa ad una caduta accidentale da un balcone, forse occorsa in un tentativo di fuga per raggiungere nuovamente Napoleone, nell’ennesimo cambio di bandiera dalle file dei realisti a quelle dei napoleonici; c’è chi pensa ad un attentato, perpetrato proprio per evitare che quel disegno si realizzasse; perfino (ma ultimamente si tende a escluderlo) si ipotizza il suicidio, sulla base degli aneddoti popolari che vogliono il Berthier caduto «di schianto dal balcone, e il maggiore dei suoi bambini che implorando gli si era attaccato ai panni, lì lì per esser trascinato nella caduta» (A. LANCELLOTTI, Napoleone aneddotico, Roma 1923).
Louis-Alexandre Berthier fu dunque un maresciallo dell’Impero che non mancò di far discutere per il modo di prestar servizio e spada al sire, per il proprio modo di vivere e perfino per quello di morire.