STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

MUSEO LAPIDARIO DEL LAGO MAGGIORE NELLA PROVINCIA DI VARESE

Il Magazzeno Storico Verbanese presenta il MUSEO LAPIDARIO DEL LAGO MAGGIORE NELLA PROVINCIA DI VARESE progetto realizzato con il contributo della Provincia di Varese.

I comuni di Luino, Dumenza, Maccagno, Agra, Curiglia, Veddasca, Tronzano e Pino Lago Maggiore vantano una continuità nella vivace vicenda storico-culturale che, a partire da origini antichissime, continua nei secoli proponendo esempi altissimi di opere che frequentemente sono un unicum nel panorama artistico lombardo; ovviamente i campisanti mantengono testimonianze di particolare rilievo per la storia socio-economica degli ultimi due secoli, in quanto in essi non vi sono che rarissimi esempi di lapidi ed epigrafi risalenti a prima della fine del secolo XVIII. Tali campisanti però sono un ricettacolo delle vite di generazioni e generazioni di uomini che hanno saputo mantenere un forte legame con la propria terra natale anche nei momenti dell’emigrazione (che ha segnato pesantemente il Verbano tutto).
I cimiteri completano logicamente il tessuto culturale del paesaggio, e quello sociale. A fianco di esempi di architettura rurale, che ha mantenuto i tratti unitari (le stalle e le abitazioni rurali di Curiglia-Monteviasco), vi sono testimonianze significative come gli antichi edifici con facciate affrescate (la frazione Runo fa parte dell`Associazione Paesi Dipinti, per gli affreschi che ornano le sue case), il retaggio della signoria feudale della famiglia Mandelli (Maccagno Inferiore), la memoria della zecca di Maccagno Superiore: caso sorprendente della vitalità economica di questa terra in epoca preindustriale.

In epoche recenti, la civiltà industriale ha proposto molteplici esempi che attestano il crescente progresso che ha toccato questi borghi: la presenza di insediamenti produttivi, ieri luoghi di lavoro, oggi modelli rilevanti di archeologia industriale, ha marcato anche nell`immagine architettonica le mutate condizioni sociali; accanto alle semplici dimore delle maestranze si possono ancora ammirare le abitazioni di proprietà degli industriali e dell`alta borghesia con i tratti eleganti e raffinati delle facciate o dei cortili interni porticati, progettati da architetti di fama, come Felice Soave (Luino), o più recentemente i tanti Marchelli, Sbarra, Caronesi.
Non si dimentichi infine la cultura delle lettere che ha caratterizzato questi paesi: a Luino sono nati Vittorio Sereni e Piero Chiara; Luino e il Luinese è stata terra di studiosi di vaglia come don Agostino Nagel, Sandro Mazza, Pier Giacomo Pisoni, Attilio Bricchi, Arsenio Passera, Carlo Massimo Rota, Rinaldo Beretta (per citarne solo qualcuno)...
Ma è stato soprattutto il paesaggio incantevole ad attrarre qui, negli anni che seguirono di poco il grande sviluppo economico del paese, i primi illustri turisti che o si costruivano la villa sulle rive del lago, o si concedevano qualche settimana in albergo, per una villeggiatura che manteneva, aggiornandoli, i fasti del grand tour settecentesco. Fasti che portarono la necessità di mantenere alta una qualità di vita nella buona classe sociale, e di dotare i vari comuni di artigiani e imprenditori che rispondessero alla richiesta del “servizio turistico”.

Di tanta vitalità creativa e laboriosità intellettuale restano le lapidi conservate nei cimiteri, ignote ai più, spesso opera di valenti artigiani, che testimoniano ancora il passaggio di uomini e donne che hanno fattivamente contribuito al progresso sociale ed economico di questi borghi; la memoria della loro presenza terrena, oltre alle loro opere, è ormai solo più nelle lapidi tombali che spesso ci restituiscono l`unica immagine delle loro fattezze, altrimenti sconosciute, e sicuramente a rischio di essere definitivamente perdute: non tutti i cimiteri hanno il famedio o sono considerati monumentali e quindi non modificabili, per tanto conservare la memoria sembra un atto doveroso e di grande civiltà da perseguire con rispetto, gratitudine e curiosità, unitamente ad un rigoroso metodo di ricerca.

I cimiteri sono luoghi privilegiati della memoria storica. Essi conservano infatti i monumenti iscritti che parlano di uomini e donne del passato; tramandano storie pubbliche e private, grandi e piccole, incise nella pietra e nel bronzo per essere lette dai contemporanei ma anche per durare nel tempo: non vanità, ma bisogno, imprescindibile necessità di voler esser ricordati.

Nella loro sinteticità ”lapidaria” le scritte antiche parlano ancora (”saxa loquuntur”) e raccontano di personaggi illustri, di civici amministratori, di industriali, artigiani e mercanti, di artisti, di vicende di gente comune fissate per l`eternità nelle lapidi funerarie: frammenti di vita tramandati spesso solo con questo mezzo, e altrettanto spesso ignorati.

Le iscrizioni sono state conservate come ”sacre reliquie” sui muri delle chiese e nei recinti dei cimiteri affidate alla cura dei parenti ma col passare del tempo e delle generazioni, con il trasferimento delle famiglie o estinzione delle stesse e con l’abbandono, esse sono spesso scomparse o rischiano di presto diventarlo.

Le necessità di nuovi spazi all’interno dei cimiteri, il rinnovo degli stessi, unitamente ai problemi di bilancio dei piccoli comuni (che si trovano sempre più nella necessità di riutilizzare le concessioni scadute conferendole a nuovi richiedenti), fanno sì che spesso (come purtroppo si è già verificato), intere aree dei cimiteri vengano trasformate completamente con la cancellazione di ogni struttura precedente, di ogni lapide esistente. Quante volte questi episodi si sono verificati in passato, dall’epoca stessa in cui fu costruito il cimitero fino ad oggi, e quante volte si verificheranno ancora! Ben pochi comuni possono destinare aree a famedio o a cimitero monumentale, o anche solo conservare monumenti sepolcrali o lapidi di particolare rilievo, artistico o storico.

Le uniche lapidi che si sono talvolta conservate sono quelle di epoca romana, oggetto fin dall’800 di interesse di eruditi e cultori di storia; delle altre ben poco ci è rimasto.

Conoscere queste memorie vuol dire perciò riscoprire le tracce di un passato, più o meno remoto, ripercorrere parte della nostra storia e della nostra cultura, dalle radici a oggi, muoversi insieme nello spazio e nel tempo, trovare momenti di riflessione, dialogare col passato, vivere il presente con maggiore consapevolezza.

Il titolo stesso del progetto trae la sua origine dalla lunga tradizione dei Musei Lapidari nati nell’800, sebbene aggiornato alle nuove tecnologie, all’uso cioè dei computer e della fotografia digitale. Lapidario è un termine che nasce dal latino lapidarium (che a sua volta deriva da lapis, accusativo lapidem, cioè pietra) col significato di: che concerne le pietre, e, in senso più stretto, che si riferisce alle iscrizioni in pietra.

Il progetto permetterà di realizzare un vero e proprio Museo Lapidario: “virtuale”, in quanto ciascuna delle lapidi rimarrà nella sua collocazione originaria e potrà anche andar distrutta nel tempo, ma ben “reale”, perché accessibile, duraturo, concreto.

Le trascrizioni delle epigrafi, suddivise per Comuni, sono pubblicate nella sezione ACTA nelle sottopagine Museo Epigrafico & Lapidario Verbanese inoltre notizie dettagliate sui singoli personaggi si trovano nella sezione BIOGRAPHICA.

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