STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

Spettacoli di arti varie (1a parte)

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Primo Autore:
Leopoldo Minola
Secondo Autore:
 
Titolo:
Spettacoli di arti varie (1a parte)
Testo Completo:
SPETTACOLI DI ARTI VARIE
Prima parte

L’atmosfera si faceva sempre più intensa, finché arrivava l’ordine drammatico: “Salva l’Italia!” e la scimmietta subito assalita da un impeto frenetico, pervasa da un entusiasmo irrefrenabile, partiva di slancio…
Qui sarà meglio mettere ordine e cominciare narrare con l’ultimo intento di offrire agli amici stresiani, anziani e meno anziani, qualche momento di sorridente diversivo.
Gli spettacoli di arti varie di carattere strettamente popolare coloravano di qualche vivacità la monotona e semplice vita della Stresa degli anni Venti. Rivediamola insieme.
Durante la buona stagione, alternandosi forse per tacito accordo, per non occupare contemporaneamente “la piazza”, giungevano i prestigiatori. Monsieur Montresor, attempato, elegante, distinto; Mister Tomba, giovanile, bizzarro, estroverso. Cartomante ed indovino il primo, più specificatamente giocoliere il secondo.
Alloggiavano per alcuni giorni presso qualche locanda o trattoria con alloggio, dove durante la giornata “ricevevano” anche per consulti.
Alla sera, in qualche saletta gentilmente messa a disposizione, o anche in giardino, organizzavano i “trattenimenti”. Non c’erano né manifesti né locandine. Bastavano poche monetine di rame messe in mano a qualche ragazzino sveglio e in un battibaleno “popolo e paese” (come allora si usava dire) erano prontamente informati di tutto. Bastava poi agli artisti qualche breve passeggiata nelle centralissime vie Principe Tomaso, Cavour e Felice Cavallotti, il soffermarsi sulla piazza al lago o sulla piazza del Mercato per essere subito notati. Mister Tomba sfoggiava un assortimento di “gianette”, eleganti bastoncini da passeggio in bambù o in legno di Malacca, con pomoli in avorio, in corno o con testine di animali scolpite nel legno. Famosa una testina di gatto con due minuscoli occhietti di brillanti. La “paglietta” (a Stresa chiamata curiosamente “magiustrina”), portata con estrema disinvoltura, conferiva un tocco di classe.
L’improvvisazione di qualche innocente gioco di destrezza sulla pubblica via attirava subito l’attenzione e faceva richiamo.
La loquacità era impressionante, con largo sfoggio di termini inglesi, tedeschi e francesi che stavano a significare quali platee erano già state gratificate da tale bravura.
Alla sera poi il pubblico era totalmente conquistato da giochi condotti con notevole destrezza: sparizione e riapparizione d’oggetti, palline rutilanti, uova sgusciate e ricostituite, carte da gioco itineranti in tasche diverse, nodi misteriosi, fazzolettini colorati annodati, sciolti e riannodati, tagliati e ricomposti, orologi (pochi) fermati a comando, rapidissimo apparire di coloratissimi fiori di carta, di fuochi magici, di fumi colorati dietro i quali l’illusionista elegantemente si ritirava, a conclusione delle sue esibizioni, riapparendo subito per ringraziare in anticipo gli spettatori che ammirati e divertiti lasciavano tutti insieme, più o meno generosamente, un gruzzolo di monetine.
Monsieur Montresor era di temperamento più caldo e composto, loquace quel tanto che era necessario per la spiegazione dei suoi esperimenti. Le sue preferenze andavano alla telepatia; nomi o numeri trasmessi col pensiero, individuazione di date di nascita “pensate”, ricerca di oggetti nascosti nell’ambito della saletta o del giardinetto dove si svolgeva il trattenimento. Con le carte da gioco sapientemente manovrate, sottratte e reinserite nel mazzo, riusciva realizzare sorprendenti “magie” che lasciavano gli spettatori perplessi e divertiti.
Aveva con sé quella che oggi si potrebbe definire “una giovane partner”. Allora questo termine non era ancora stato coniato (o forse non era noto). Dovremmo quindi intendere una ragazzina sui sedici anni, non propriamente avvenente, pallida e triste. Chi la diceva figlia, chi nipote. I disagi della condivisione di una vita alquanto randagia e certamente disagiata trasparivano inequivocabilmente dal suo aspetto. La ragazzina era utilizzata per richiedere o riportare oggetti tra il pubblico, per distribuire le carte da gioco, per eseguire semplici ordini trasmessi telepaticamente, oppure per individuare “a occhi bendati” uno spettatore pre-selezionato seguendo le istruzioni a lei trasmesse col pensiero dal mago.
Per la chiusura dello spettacolo si appendeva alla parete una tovaglia candida e con l’ausilio della luce di un piccolo proiettore, allora pomposamente denominato “lanterna magica”, il prestigiatore eseguiva alcuni giochi di ombre cinesi. Intanto un fonografo cominciava a suonare. Sparivano le ombre cinesi; il tempo di spostare un tavolino per fare un piccolo spazio subito occupato dalla fanciulla avvolta in un ampio mantello bianco.
Alla vivida e fredda luce del riflettore la ragazza prendeva i lembi inferiori del mantello e li sollevava, alzando e allargando le braccia. Appariva così, vestita di una aderente tutina bianca, mentre la fodera interna del mantello, per metà rossa e per metà verde, dava l’idea delle due ali di una farfalla tricolore. Abbozzato qualche passo di danza al suono della musichetta ed eseguito qualche volteggio di ampiezza compatibile con il ristretto spazio disponibile, l’artista si sarebbe forse volentieri ritirata, alla fine del disco, se non si fosse immediatamente scatenato un lungo e nutrito applauso, vuoi per la sorpresa, vuoi per il patriottismo, vuoi per la possibilità di un certo godimento visivo (raro a quei tempi), vuoi per la coreografia d’avanguardia. La richiesta piuttosto energica del bis non poteva essere elusa. Daccapo musica, luce, danza, altri applausi, altre attestazioni di gradimento, richiesta del tris ed infine, riavvolta nel lungo candido mantello, la ragazzina offriva l’ultima emozione di un giro tra il pubblico per sollecitare con un lieve sorriso la generosità.

Nel “lieve sorriso” dell’ultima riga avverto tutta la delicatezza con cui mio nonno tratteggia la figura della “giovane partner” del prestigiatore che animava la piazza di Stresa dei tempi andati: “figura minore”, tra gli artisti di strada, certo; ma essa, con il suo irresistibile battito d’ali, invita alla lettura delle storie stresiane e alla scoperta dei ricordi della città; ecco dunque che prossimamente, incontreremo “giupìtt” e “omoni” e impareremo da… una patriottica scimmietta come si fa «a salvare l‘Italia»!
A Cura di:
   [Isa Minola]

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