Locarno
CAPO III.
Questo luogo insigne per la santità della religione, nobiltà de’ casati, emporio di mercanzie, per lo clima salubre, per onesti popoli, e per ogn’altro esser qualificato è situato su le prime spiagge del Lago, alla diritta mano scendendo, e formando quasi una scena in prospetto, fa che l’occhio si rallegri, osservando tempj [= templi] magnifici, elevati edifici, e case civili.
Ivi risiede il magistrato, giurisdizione de’ dodici Cantoni svizzeri, dove la giustizia sommariamente s’amministra senza giro d’ordine litigioso; ma tenendo il giudice supremo le bilance in bilico ne’ giudicj civili: Tradit unicuique suum. Ne’ criminali ha sicura sede il fiat ius, et vincat honestum.
Confina il suo spazioso territorio verso oriente col borgo di Belinzona, a cui prima fa spalla il castello di quel borgo medesimo lontano dieci miglia.
Ritrovasi in questo spazio il luogo di Gordola, a cui baciano il piede l’acque del fiume Verzasca, che congiunte col Tesino, partoriscono il Lago Maggiore. Ivi si vedono, e si godono con diletto i vigneti deliziosi di Locarno, tra quali i tanto rinomati tralci delle fraccie, che con le loro uve tributano vini squisiti.
Alquanto più basso si scuopre la famosa villa di Minusio, qualificata da un divoto tempio; ella è servita da spaziose campagne molto fertili, coronata da colli aprichi, carichi nell’autunno da preziosa vendemmia.
Al luogo poscia di Muralto presso Locarno in distanza d’una quarta parte d’un miglio, mirasi alzata la Collegiata del borgo sotto gli auspizj di s. Vittore, residenza dell’arciprete vicario foraneo, che ora è il sig. Giuseppe Maria Quadrio con sei canonici. In detto tempio, s’ammirano le vestigia dell’antichità; osservandosi in essa sontuosi sepolcri, immagini polverose della vecchia magnificenza.
Da un lato di detta chiesa stanno situate le abitazioni dell’arciprete, e canonici; d’indi si passa al borgo di Locarno, composto di cinquecento fuochi, il quale, come s’è detto, tenendo forma di teatro, sendo posto su le rive del lago in piano, e dall’altra parte superiore alzandosi su’ colli vicini fa pomposa mostra dell’essere suo nobile.
Nel mezzo d’esso si vede alzata forte torre, e serve all’orologio della Comunità, al piè della quale si spiana la piazza, emporio alle fiere, e mercati. Passando poi verso occidente, si mira l’antico castello di detto borgo, già in parte distrutto la seconda volta da’ Signori Svizzeri, e fu del 1503, mentre signoreggiando i Franzesi lo Stato di Milano, s’impadronirono di Locarno, ma non della rocca, come affermano il Guicciardino con altri storiografi; ed all’or fu, quando il castellano di Musocco terra del Magno Triulzio, ricusò di dar in prestanza le bombarde ad essi Signori Svizzeri per espugnar la rocca di Locarno, onde poscia essi Signori saccheggiarono Musocco, e resero a’ Franzesi Locarno col castello, il quale anche di presente rattiene vestigia di fortezza, e nella parte rimasta vi abitano oggi i signori Commissario, scriba, e Governatori del paese. Evvi vaga peschiera ricca di pesci, una perenne fontana detta l’Orello, che serve nell’acque sue limpide di terso cristallo a chi vi si specchia, freddissima nell’estate, che ne’ vaghi gorgogli sorgendo, reca delizioso piacere.
Presso detto castello sta alzato il Convento di S. Francesco con sontuoso tempio, sostenuto da colonnati moderni, ampio, e d’architettura molto nobile. Indi poco lontano dalla parte di settentrione, si vede altro vago, e vasto tempio, dedicato a sant’Antonio, altro a santa Maria della Selva, ius patronato de’ borghesi di Locarno, nella qual chiesa si trova eretta una Compagnia de’ disciplinanti sotto l’invocazione de’ Santi Rocco, e Sebastiano.
Dall’altra parte sta eretto l’Ospedale de’ Poveri coll’annessa Chiesa dedicata a S. Cattarina, in cui ogni giorno al far dell’alba si celebra la Santa Messa per comodo de’ viandanti, e giornalieri.
Quello poi che reca ammirazione, onore a Dio, ed a’ popoli, gloria d’esso borgo, e pietoso fasto di religiosa devozione, è ’l nobil tempio fregiato a stucchi, ed oro, con preziose pitture in onore della Gran Madre di Dio, fabbricato sopra un’alto sasso ivi dalla natura inalzato in forma piramidale, e lo chiamano la Madonna del Sasso, ove la Regina del cielo dispensa clemente grazie, e favori. Alla detta chiesa s’ascende comodamente in distanza d’un miglio, ed ivi abitano alcuni divoti padri di S. Francesco. Inoltre la cura tengono del luogo due gentiluomini deputati dal Consiglio di Locarno.
Al piede di detto monte sta altro tempio dedicato all’Annunziata Santissima, indi non lungi salendo, si vedono cominciate alcune capelle d’ottima struttura, nelle quali si rappresenteranno i misteri principali della Vita, Passione, e Morte del Nostro Redentore, ed anco la Vita del padre S. Francesco d’Assisi.
La figura di questo continente è una mano aperta, il di cui palmo, è il sito del borgo, i diti sono le valli, che lo circondano. In detto luogo s’apre il mercato al giovedì ogni quindeci giorni, ove concorrono tutte le terre del lago, molte del Novarese, la Valle Canobina, la Maggia, e Lusernone, quella delle cento Valli, la Verzasca, e la Margozza.
Il territorio di Locarno è sì ampio, che contiene molte ville. Tra l’altre verso oriente v’è Orsolina, Briona, Muralto, Minusio, Burbaglio, terra di pescatori al lido del lago, Ripa piana, dov’è la chiesa di S. Quirico, Contra, Tendro col tempio di S. Vincenzo, Gordola, e Cugnasco verso occidente, Solduno, che frutta vini ottimi per l’inverno, Pedemonte, che ritiene in se molte ville, Gulino, Intragna, Losono, Argegno, e la grossa terra d’Ascona, e Brisago giurisdizione ecclesiastica di Milano, il quale ha sotto di se molte ville.
Vicino al Palazzo di Belvedere, v’è il Monastero de’ Padri Capuccini, fabbrica cominciata cent’anni sono. E vicino v’è il Monastero di monache Agostiniane, capace di quaranta religiose, eretto dalla pietà de’ Signori di Locarno.
Qusto borgo è distinto in tre ordini, cioè Gentiluomini, Borghesi, e Terrieri. Ciascun d’essi ha buone entrate in comune. Vien governato da vent’uno Conseglieri; cioè dodici del borgo, e nove della pieve.
I monti, che confinano col fiume Tesino sopra Belinzona hanno le Valli delle Riviere, Leventina, e Bregno Svizzere: alla destra la Mesolzina di giurisdizione grigiona, e sono ricche di selve, le quali abbondano d’altissimi larici, peccie, ed altri legnami mercantili, che servono alle fabbriche di grosse navi, e galee, come alberi, antenne, remi, ed altri legni.
Per uso poi d’edificj, vi sono travi grossissimi, li quali tutti si conducono per acqua a Locarno, o a Maghedino, d’indi s’avviano a Milano, strascinati su l’acque del Verbano, e Tesino. Per l’altra parte si portano a Pavia, e d’indi entrando a seconda nel Po’, passano a Piacenza, Cremona, Venezia, e per tutte le parti d’Italia.
La Valle Maggia sotto Locarno è larghissima, e lunga trentadue miglia, ha in se molt’altre valli, ville, e fiumi, che tutte prendon nome da Valmaggia. Tra l’altre v’è la Lavizara, che confina col Monte S. Gottardo, ed ivi sopra altro monte vicino nasce la Maggia, acqua, che come nel mezzo della Valle Lavizara, entra poi nella Valmaggia.
Questa valle è grande assai, e fertile sopra ogni credere. Comincia sopra Locarno un miglio, e mezzo verso Occidente, ove sta archeggiato un ponte, anticamente fabbricato sopra il fiume Maggia, per cui si passa alle terre di Pedemonte, ma prima si vede la terra di Vegno, e Gordevo, poscia Maggia sudetta, ed altre ville; d’indi s’arriva a Cevio lontano da Locarno 16 miglia, terra principale della valle, in cui risiede il podestà, e governatore d’essa con separata giurisdizione da Locarno.
A mano sinistra si trova altra valle, da cui esce un fiume, chiamato Rovana. Si camina in questa valle sei miglia, poscia a mano diritta si ritrova altra valle, che si chiama la Valle del Bosco.
Vi sono poi altre Valli, che quasi labirinti, entrando una nell’altra confondono chi non ha gran pratica, e non è nativo del paese, composto tutto a monti, e valli, che tributando legni mercantili in gran copia, molte volte se ne vede il lago coperto per quindici, e venti miglia, cosa che reca meraviglia.
L’acque de’ nominati fiumi, che scorrono per l’accennate valli, producono trotte, e temoli, pesci, come ogn’un sa, molto delicati, e le valli fanno, che il borgo sempre abbondi di bestiami, grascia, cascj, e butirri; onde se dobbiamo accostarsi all’etimologia del nome, fu chiamato da’ Latini: Locarnum quasi locus carnium.
Abbonda anco di legna da fuoco, perché oltre alle selve vicine, ha le riviere di Gambaronio alle radici del Monte Cenere sino al Sasso di Pino, ove terminano i confini de’ dominj degli Signori Svizzeri, i quali aricchiscono il paese di legna pronta a’ bisogni del borgo.
Locarno fu sempre, ed è soggetto in spirituale alla vasta giurisdizione di Como, in temporale fu a’ Duchi di Milano, ma del 1503 a questa parte, ne sono padroni assoluti li Signori Svizzeri; come anche delle sudette valli, e di Lugano ne furon fatti signori mancata la linea de’ signori conti Rusca da’ successori del duca Filippo Maria Visconti, come affermano molti storiografi, ed ultimamente il padre Paolo Morigia nella sua Istoria della Nobiltà del Lago Maggiore.
In detto borgo fra le famiglie nobili una delle più insigni ed antiche è l’Orelli. Pedale di questo lignaggio fu Roberto di Chiaramonte, conte nella Lorena, abnipote di Viviano, che fu cugino del conte Rolando, o sia Orlando, ch’ebbe per padre Milone prencipe milanese, conte d’Angera, e per madre Berta di Francia sorella dell’imperadore s. Carlo Magno, la di cui famiglia unita d’amistà e parentela a quella di Mongrane, abbracciava tutte le altre più illustri case de’ palladini o pari, prencipi e gran signori della Francia.
Avendo dunque il sudetto Roberto mandato alla corte di Francia un suo figliuolo chiamato anch’egli Viviano, e fattolo scrivere tra gli ordini militari per mano dello stesso re, e due altri figli, cioè Aurelio, e Landolfo, per disgusti poi con quella maestà, si ritirò co’ figli nella Lorena e poi in Magonza presso il conte Corrado, dove si segnalarono con molte prove del loro valore. Ne men qui si stimarono sicuri dallo sdegno franzese, onde si portarono a Milano; morì per viaggio Roberto, ed i figli si fermarono in Belizona, mentre nella sudetta città ribollivano le guerre contra l’imperadore Enrico, d’indi invitati a Locarno, ivi si portarono col motivo d’avvicinarsi più a’ conti d’Angera loro congiunti di sangue. In Locarno dunque abitarono alcun tempo, ed ivi impiegarono molt’oro in vari possessi, e dimorarono sin che vissero, nel quale spazio quelli d’Aurelio fabbricarono il castello di Muralto, e quelli di Viviano si chiamarono Maguntini per lo soggiorno poc’anzi tenuto in Magonza.
L’anno 1041 venne in Italia l’imperadore Otto di Sassonia per le parti di Belinzona, e furono a ricevere s.M.C. e servirla i sudetti tre fratelli in Locarno, che alloggiò con la corte nel loro palazzo, il quale poi fu detto camera dell’Impero, ed in esso furono ricevuti da s.M. molti prencipi e conseglieri, i quali fecero complimenti, e trattarono negozi gravi con essa. Nel ritorno poi, che fece l’imperadore in Germania, donò quel luogo a’ sudetti fratelli, e volle condur seco Alberto figlio di Viviano, a cui donò alcune terre nella Valtellina per sé e suoi discendenti, che si chiamarono poi Cattanei, all’ora detto titolo o nome elevatissimo, come persone nobilissime graduate da S. M. alla carica più sublime d’assisterlo vicino alla sua persona; tanto che alcuno, non poteva parlare all’imperadore senza uno di loro, dalla quale nobile prosapia dicono molti storiografi che derivassero i signori Cattanei di Valtellina, alcuni de’ quali, e sono figli del cavaliere Cattaneo, vivono anche oggidì, cioè monsignor Giorgio Cattaneo canonico ordinario prebendato nella Chiesa Maggiore di Milano, ed altri due fratelli, che servono a s. M. ne’ biennali.
Per autentica della nobiltà di casa Orelli, vi sono privilegi autentici de gl’imperadori, e confermazioni de’ successori, come de’ duchi di Milano, da me veduti, e diligentemente osservati i meriti di que’ soggetti, a quali fu fatta ampla e larga donazione del detto borgo di Locarno, e sue terre da Otto di Sassonia, dopo che fu creato imperadore nell’anno del Signore 1042. Come un’ altro privilegio amplissimo d’infeudazione delle sudette terre di Federico II imperadore re de’ Romani, a favore di Giacomo Orello di Locarno figlio del qu. Gofredo, a nome anco degli altri consorti Orelli, dato in Milano li 14 gennaio 1311 anno III del suo impero.
Giovanni Visconti duca, ed arcivescovo di Milano, rinovò a’ detti signori Orelli per suo spezial privilegio o lettera la feudale investitura, che già tenevano dagli antepassati imperadori, del borgo di Locarno, e sue pertinenze, co’ pedaggi, onori, domini e ragioni, come più ampiamente appare dalle dette lettere in data di Milano li 15 giugno 1352.
Filippo Maria Visconti duca di Milano etc. e conte d’Angera rinovò a sudetti signori Oreli la predetta feudale investitura di Locarno, come sopra, data di Milano li 8 novembre 1441.
Anche di presente è loro giuri[s]dizione la podestarìa di Brisago, che altre volte godevano col mero, e misto impero; hanno sei voti in consiglio, ed a tutti gli altri precedono. L’elvetica signoria dominante regala con 18 scudi di camera annualmente detti Orelli, Muralti e Magori, che formano una sola università, si chiama de’ nobili. Hanno posti di congiudici, giudici di vettovaglia, e simili, che fanno figura in questo paese, ed in tali impieghi sogliono questi signori di presente applicarsi.
Spiccò da questa famiglia Simone Locarno, detto comunemente dalli storici Simon Locarno, il quale tanto si segnalò col suo marziale valore, che dopo morte gli fu eretta una statova a cavallo sul frontispizio del duomo di Como, all’ora S. Abondio, e non è gran tempo, che ristaurandosi quel sagro tempio, fu levata. Come altri Muralti ne’ secoli passati fecero con gloria immortale molte imprese da guerra, sostenendo le ragioni de’ genovesi, e sotto Valenza del duca Odoardo di Parma.
Gio. Pietro Orelli fu promotore della lega tra la Repubblica Elvetica, e’l duca di Savoia; essendo capitano d’ordinanza della sua guardia. Ebbe figli, e nipoti, cioè Fabio, Gasparo, Gio. Antonio Orelli; Gasparo, figlio del sudetto Fabio, fu cavaliero di Santa Chiesa con Paolo e Francesco, creati tali dalla gloriosa memoria di Paolo V. Baldassar Orelli fu capitano della Compagnia Franca nelle guerre di Lombardia, e cavaliero di S. Stefano, con Gio. Battista Orelli.
Rafaelle Orelli cavaliero di S. Maurizio e Lazaro. Cristoforo Orelli cavaliero di Portogallo eresse un’alto tempio, a cui diede in dote due prebende sacerdotali.
Tutti i successori in detta famiglia o sia università, anche di presente, si trattano nobilmente. Con maggior distinzione di detta prosapia trattano il Giovio nelle Croniche di Como, e il Balarino. Il Morigia nella descrizione del Lago Maggiore. Il Crescenzio nell’Anfiteatro Romano. Il processo stampato in favore de’ signori De Capitanei per entrar nel Collegio de’ Dottori di Milano. Lo statuto di Locarno, compilato al tempo di Gio. Galeazzo.
De’ sudetti Orelli ho cognizione di Francesco Moderno cancelliere di Locarno, e vicario attuale del pretorio, dello stesso fu giudice delegato e podestà di Brisago. Cittadino ereditario di Lucerna in Elvezia, con Gio. Antonio suo figliuolo, che fu capitano tenente de gli Svizzeri nello stato di Milano.
Gio. Luigi Orelli figlio di Marco, consegliero, congiudice, e podestà attuale di Brisago.
Il dottore Gio. Francesco Orelli ecclesiastico figliuolo di Fabio congiudice, ed altre volte podestà di Brisago, che fu figlio del sudetto Gasparo.
Esso sig. Gio. Francesco va esercitando i suoi talenti con somma prudenza, spiritoso cavaliero, dando moltiplicati riscontri alla sua pietà per l’acquisto di meriti immortali, e trattenendosi sempre impiegato nell’opere di gloria maggiore al Signor Dio; ond’io scherzando con la Musa nella memoria di questo signore cantai
Non caduca e mortal ma eterna lode
Merta modesto sprezzator di lode
Perché dunque il sol merto alza la lode
Il tutto merta chi non cura lode
V’è ancora la Rozola, da cui uscì Guglielmo Rozolo arcivescovo di Milano, il qual successe ad Enrico Settala l’anno 1230, come narra il medesimo Corio nella Seconda Parte delle predette Istorie.
Quella del fu sig. Simone Muralto, il quale con tanto amore, e forza sostenne Otto Visconti nella guerra contro de’ Torriani, e lo ripose con mano armata nella sede arcivescovale di Milano, e fu quello che pose i primi fondamenti al principato della ducale casa Visconti, e sempre lo assistì, fin che rotti a Desio nel giorno di Sant’Agnese 1277 li Torriani nemici col favore ed aiuto anche di Lutero Rusca prencipe di Como, lo vide vittorioso posto nella ducal sede; fu poscia per gratitudine il detto Simone creato dal Visconti capitano generale della Città e stato di Milano.
E perché maggiormente sia noto il conto, che si facea in que’ tempi di Locarno, toccherò qui un successo narrato dal medesimo Corio nella Terza parte, mentre dice, che l’anno 1355 Carlo re de’ Romani figlio di Giovanni re di Boemia fu coronato della Corona di Ferro da Roberto Visconti arcivescovo di Milano all’altar Maggiore di Sant’Ambrogio soggiunge, che in quel tempo l’Imperadore concesse a Matteo, Bernabò, e Galeazzo fratelli Visconti il vicariato di Milano, Genova, Savoia, Ventimiglia, Albenga, con tutta quella riviera sino a Monaco inclusivamente, ed il vicariato di Locarno, dalla qual’azione fatta in tanta solennità si può comprendere il concetto, in cui si tenea a quel tempo Locarno.
E per procedere avanti intorno le famiglie nobili di questo luogo, fu sempre grande di nobilità, e di ricchezza l’antica famiglia Orella, ed in particolare il già nominato sig. Gio. Antonio vivente sul fine del 1400. Gentiluomo di costumi illibati, e padre di molti savj figli. Il sig. Fabio del fu sig. dottor Emilio suo cugino, il sig. Gofredo nipote del detto sig. Gio. Antonio, i figli del sopra nominato sig. Gio. Antonio, i figli del sudetto sig. Agosto Badi. I signori Gio. Antonio e Francesco fratelli Orelli figlie del sig. Aluigi, il qual sig. Francesco era procuratore generale e cancelliero della comunità di Locarno. I signori Donata, capo de’ quali fu il sig. Francesco, ingegno così sublime e di giudicio sì fine, che veramente si scorgeva nato per trattare, e stabilire negozj gravi e grandi imprese con qualsivoglia prencipe, ed abile a superare tutto il difficile con forte valore, e raffinata prudenza. Il sig. fisico Guid’Antonio Trevani, da cui per retta linea è venuto dopo molte successioni il sig. capitano Giuseppe Peregrino Trevani; il sig. Carlo Marcaccio fiscale, ed il sig. Gio. Antonio suo figlio vicecancelliero dell’officio criminale del borgo, da’ quali sono derivati a dirittura il sig. barone Marcaccio, e suoi figli, ch’oggi fa una delle prime figure nel governo di quelle genti, del qual ceppo fecero sempre molta stima gl’imperadori, e regi di Polonia, come spezialmente il fu Giovanni Subieschi molto intrinseco d’esso sig. barone, a cui per regalo di rilievo, e per la stima, che faceva di questa nobilissima famiglia, l’onorò con l’inquartazione nello stemma Marcacci dello scudo gentilizio di casa Subieschi, ed un’altra volta lo regalò con inviargli il proprio ritratto in urna d’oro fregiata di gemme preziosissime.
Questa famiglia, che da molte etadi a questa parte ha sua abitazione in Locarno, è delle più nobili del Verbano; e come appare da molte scritture autentiche trae sua origine da’ conti della Marca duchi d’Angiolemme, tra quali l’ultimo di questi di nome Ugo l’anno 1244, dopo essersi pacificato con s. Luigi re di Francia, come si ricava da manuscritto di Verdiero Tou, e da altri scrittori, le cui memorie si conservano nella libreria regia di Parigi, volle servire a quel santo re nel viaggio di Terra Santa, da lui intrapreso alle sante persuasioni d’Innocenzo IV, in congiuntura, che furono insieme nel Concilio Primo di Leone, ove quel pontefice si ritrovò, fuggito dalla persecuzione di Federico II imperadore, per la cui impresa diede sua santità al mededimo re ed a tutti i cavalieri, che lo seguivano, una croce d’oro con titolo di loro marca, e ciò fu del 1245, da che presero il nome di Crocemarcati, come da più storiografi antichi e moderni fu notato.
Questo Ugo dopo che s’accasò con una tal Daminta, restò morto in un certo fatto d’arme con Roberto fratello del re Luigi, i di cui figli rattennero sempre il nome di Crocemarcati, e seguirono il re in quella spedizione, fin tanto, che il fratello Carlo duca d’Angiò, e re di Sicilia si portò in Africa per assistere al fratello del re. Ritornato poscia in Sicilia seco condusse i fratelli conti della Marca, a lui molto cari, tenendoli così lontani dall’odio implacabile de’ loro emoli, che li tenevano in disgrazia di Filippo primogenito di s. Luigi. Questi però si fermarono in Sicilia fino al famoso successo del Vespero Siciliano, e fu del 1282, il cui fatale incontro ebbero fortuna di sfuggire con ogni diligenza fuggendo, e per timore d’esser inseguiti, non vedendosi sicuri nella Francia, mentre passato a miglior vita Luigi il santo, e salito su quel trono Filippo nel 1270, creduto minor danno la perdita di quanto avevano de’ beni patrimoniali, che arrischiar la vita sotto l’ira d’un re, che gli odiava, incogniti vennero ad abitar su le rive del Verbano, tenendo però il loro nome de’ Marcati proprio a loro natali, come discesi da quelli de Croce Marcati, che poi con simile consonanza, furono detti in Locarno De Marcacci, e da quel tempo sino al presente questa nobilissima famiglia fu rattenuto. Queste genti sempre si mantennero tra gli agi, fasti, e grandezze coll’opere della più vera nobiltà. Furono elevati a cariche sublimi da’ prencipi europei, e nel paese di loro residenza sempre onorati delle prime sedie, sì nel civile, come nel militare; ed in ogni tempo nell’uno e nell’altro ebbero i primi comandi, ne’ quali furono adoprati in varie legazioni dalle corone, e conseguirono col loro prudente, e fedele procedere titoli, croci, e signorie, come afferma di certa scienza in un suo diploma Giovanni III Sobieschi re di Polonia, che a caratteri d’oro in pergamena si conserva presso detta famiglia, in cui del 1677 dichiarò suo barone Gio. Antonio Marcacci all’ora residente a’ Signori Svizzeri con tutta la sua discendenza usque in infinitum, volendo, che il baronaggio in detta famiglia fosse perpetuo con tutti gli onori, e prerogative, che godono i baroni di quel regno, e quest’atto fu pubblicato ne’ generali comizi dal re medesimo alla presenza di tutti i Palatini, e Grandi del Regno.
Vi sono ancora le antiche famiglie Appiana, Quadrivia, Franzona, Duna, e gli eredi del fu sig. cavalier Codone; con un rampollo della sudetta casa Rusca, non avendo tenuto altra regola, od ordine di precedenza nel nominare ad perpetuam memoriam le sudette case nobili, che quello praticato dal p. Paolo Morigia.
Vi sono altre famiglie nobili, e di qualità insigni. Tra queste v’è l’antica, e nobile famiglia Bologna, di cui secondo alcune antiche scritture v’è il seguente successo: che signoreggiando la città di Como il predetto Eleuterio Rusca, vicario imperiale, di tal dignità onorato da Sigismondo imperatore figlio di Carlo IV, il quale dal medesimo fu ricevuto in Como, e trattato alla reale, quanto sua Maestà passò in Italia del 1413, e s’abboccò in Canturio col duca Filippo Maria sudetto, e questi è quel Sigismondo, che dopo si trovò al Concilio di Costanza, nel quale fu creato papa Otto Colonna, che si fe’ chiamar Martino V, il qual poi, andò a Milano, e vi giunse il 16 ottobre 1418, e consagrato l’altar maggiore di quella metropolitana, vi celebrò la prima messa.
A questo Eleuterio, nel tempo delle turbolenze della città di Bologna, quando Gio. Galeazzo Visconti primo duca di Milano negli ultimi suoi giorni espugnò coll’armi quella città, e fu l’anno 1402, il duca Gio. Maria suo primogenito del 1403 dopo la morte del padre per assicurarsi in quel dominio, confinò in diverse parti i parenti, e fautori di Giovanni Gozadino capo principale bolognese, di cui esso duca molto temeva, come quegli, che restava mal sodisfatto, e del padre, e d’esso, come afferma il Corio nella quarta parte delle sue Istorie; s’appoggiò dico al detto Eleuterio Giovanni Capistrario nobile bolognese figlio di Massino, con altri aderenti, congiunti di sangue al detto Gozadino, confinati come sopra, e questa linea de’ Capistrati, è la vera, ed antica di questa famiglia cognominata Bologna, come proveduta da quella città, e dal detto Eleuterio, il qual era prencipe, e signore principalissimo, da cui detto Giovanni fu molto favorito, gli fece grandi cortesie, favori, e grazie, e l’ebbe sempre sommamente caro.
Prima lo creò cittadino comasco co’ suoi discendenti, come appare dal privilegio, dato in Como li 29 novembre 1413.
Secondo alle istanze, e preghiere d’esso prencipe, gli furono donati molti beni, ed entrate dal conte Franchino Rusca successore d’Eleuterio, che lo creò castellano del castello di Locarno, e podestà di Valmaggia, Verzasca e Gambaronio, come d’altri feudi di questa casa; l’anno poi 1444 il sudetto conte Franchino con autorità del duca di Milano diede privilegio al detto Giovanni di poter creare notari pubblici, e dopo d’aver affaticato molto nei continui servigi d’esso sig. duca Francesco primo gran capitano de’ que’ tempi, fu onorato dal medesimo con altri diversi privilegi, cioè di cittadino di Milano, co’ suoi discendenti usque in infinitum, poi lo fece suo famigliare, e comensale, come dal privilegio dato in Lodi li 18 aprile 1450 con queste precise parole: «Spectati igitur viri dilecti nostri Ioannis de Bononia singulare animi officium attendentes, nec minus erga nos, et statum nostrum, quam maximam ipse fidem, et devotionem, verbis non solum, verum etiam re, et in facto demostraverit, condignum arbitramur, con quel che siegue.
Dal qual sig. duca l’anno 1458 alli 19 novembre esso Giovanni nel luogo d’Albairate ottenne la Valle di Lugano in feudo, dopo il sudetto Franchino Rusca, che prima fu spogliato del possesso d’essa. A questo Giovanni, il qual visse molti anni, successe il dottor Silvestro Bologna suo figlio, che prese la laurea nello studio pur di Bologna del 1465 li 24 decembre, e nel privilegio del dottorato si fece nominare Silvester de Capistratiis de Bononia, che poi in diversi officii servì a’ signori duchi di Milano, e particolarmente al duca Galeazzo Maria Sforza, e dopo sua morte alla duchessa Bona sua moglie, che fu madre, tutrice, e curatrice di Giovanni Galeazzo, finalmente fu fatto podestà di Locarno di quel borgo l’anno 1486, e perseverò in quella dignità molti anni, in cui morì. E perché il mondo sappia quanto onore porti seco la virtù, sempre venerata in ogni luogo, e particolarmente da’ prencipi, che tanto mancano di soggetti d’integrità, scienze, e valore, come fregiati della fortezza dell’animo, tutte parti possedute con intiera fede dal prenominato soggetto, noteremo qui parte del dettato nella patente consegnata al medesimo da esso sig. conte Giovanni Rusca del 1468 di questo tenore. «Quemadmodum nobilis et eximius legum doctor don Silvester de Bononia dilectissimus noster nobili genere ortus est, quod quidem animadverti, et solet et debet sic etiam ea morum elegantia, consilii gravitate, continentia, moderatione, aequanimitate, et iustitiae cultu, et in omnibus quidem peritia, et animositate polet, ea denique variarum, et magnarum quidem exercitatione rerum, et cognitione praestat, at admiratio prope modum existat in juvenilibus adhuc annis, virtutem, integritatem, et senilem maturitatem, prospicere, et nulla prope sit dignitas, quam non in eo recte collocatam existimemus; allecti igitur huius praestantissimi doctoris, singularibus ornamentis, et virtutibus, allecti etiam, intemerata, et ardentissima devotione sua erga nos, et statum nostrum, quae talis est, un non modo sublimationem, et gloriam omnem nostram concupiscat, verum etiam omni studio quaesiverit semper, et quaerat. Assumendum duximus etc.»
Ed anco di presente nel vestibolo dell’antica casa de’ Rossi nobilmente ornato nella terra di Luvino, oggi pervenuta con ragioni ereditarie nella famiglia nobile de’ signori Confalonieri, come si dirà più basso, si vedono anticamente dipinte diverse armi di famiglie nobili, ed antiche; cioè la Carcana, Luina, Besozza, ed altre, e fra queste in luogo principale è posta l’arma Bologna, cioè due cani levrieri bianchi in piedi, l’uno in faccia dell’altro, e l’uno in campo rosso, l’altro in campo verde col collare rosso, e oggidì i discendenti da’ suddetti aggiungono l’aquila imperiale con la corona donata loro dal conte Franchino Rusca, come appare dalla patente data in Mendrisio li 12 dicembre 1428.
In Locarno ancora al tempo delle guerre di Milano, v’abitò per molto tempo il sig. Egidio Bosso, il quale fu poi senatore, e specchio de’ leggisti d’Italia, e del suo collegio di Milano, ed ivi nacque il sig. Marc’Antonio suo figliuolo, il quale fu poi ambasciatore di Filippo Secondo, piissimo monarca delle Spagne, presso li Signori Svizzeri, e dopo maestro dell’Entrate Straordinarie dello Stato di Milano; come sessant’anni prima uscì dal detto borgo il p. maestro Benedetto min. conventuale di S. Francesco, che fu de’ primi predicatori, e cattedranti d’Italia.
La stima poi, e l’onore, in cui tengono il detto borgo li signori Svizzeri, s’argomenti da’ privilegi concessigli; cioè, che da loro medesimi s’eleggono sett’uomini, i quali nelle cause criminali assistono al sig. commissario, o sia Podestà della terra, col voto de’ quali con quello d’esso sig. commissario, scriba e fiscale si spediscono diffinitamente tutti i negozi criminali con decoro della giustizia, e de’ popoli.
Con sommo contento sodisfatto partii da sì belle piagge, ma congiunto il dolce coll’amaro di dover lasciare continente sì grazioso per l’aure vitali, gente cortese, e d’un cor solo, sciolsi dal lido, indi condotto alquanto su l’acque verbane, osservai due acute punte, che lanciandosi da terra, parea minacciassero guerra al lago, e questi sono i due gran pontoni di Locarno, che fanno riparo al borgo; perciò intorno d’essi dovendo i naviganti raggirarsi, allungano due miglia il viaggio più di quello facciano i passeggeri portandosi per terra ad Ascona, ove per un porto lasciano l’acque della Maggia. Su questo varco, con orrido incontro, si vede il navigante assediato per tutto da monti altissimi, che fatti simili al viver degli imprudenti, cominciano ne’ deliziosi vigneti, fioriti pomieri, giardini e selve fruttifere, poscia alzandosi, non vestono, che frondose quercie, dure castagne, e fagi romiti, portando verso le stelle sassosi massi, che colla loro nudità fanno terrore a’ sensi, di chi gli osserva.
- A Cura di:
- [Sergio Monferrini]
- e con modifiche e integrazioni di:
- [Carlo Alessandro Pisoni]
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