Castelletto Sopra Tesino
Capo XXII
È feudo imperiale de’ signori Visconti, ed è l’ultimo luogo di questa nostra istoria, dalla parte diritta calando per lo lago, donato l’anno 1329 dall’imperadore Lodovico Bavaro ad Ottorino Visconte, figlio d’Uberto detto il Picco, fratello del Magno Matteo, ascendenti de’ duchi di Milano; ed i descendenti, che oggi vivono nelle strutture, ove abitano mostrano per arme il Picco inciso in alcuni capitelli di colonne di marmo d’Angera da me veduti. Il privilegio tiene sua data in Pavia a’ 6 d’agosto, nella qual tenuta questi signori hanno sempre pacificamente continuato sino al giorno d’oggi. Questa casa, ebbe in ogni tempo uomini insigni in santità, come in armi, e lettere, sendo ripieni i volumi delle loro eroiche azioni. Qui hanno per loro abitazione un castello, con molti comodi, oltre alla fortezza. La terra è nobile; vi sono in essa tre chiese di vaga struttura, e guardate con molta venerazione. Il paese è fertile, perché oltre al sito ben difeso dal sole, ed al temperamento dell’aria, è ben coltivato. Qui le vigne danno vini esquisiti, ed abbonda il suolo d’ogni spezie di frutta delicata.
Tra Castelletto, e Sesto Calende, scorre la gonfia foce del famoso Tesino, sempre creduto forte, e quasi insuperabile riparo dello stato di Milano, e come già dicemmo sul principio di questo nostro scrivere, scendendo dall’Alpi, e trapassando il Lago Verbano, qui nuovamente raunate sue acque, strette per breve spazio da rupi, urta veloce precipitosamente tra sassi, indi scendendo, poscia appianandosi bagna le vicine campagne; sì ardito questo orgoglioso elemento, che sofferendo il peso di gran navi carche di mercanzie, queste con pomposo servaggio sboccando nel Po, porta su l’onde sino al mare, o facendo diramarsi altrove, le porta e consegna alle città più vicine. Sì ricco poi questo fiume, che stende nel suo letto arene d’oro, e d’argento, di cui pascendosi le trotte, ed altri pesci nobili, riescono al palato più saporiti, come allo stomaco più sani. Questo prencipe tra fiumi è famoso per la strage di Gneo Pompeo, e per la prima vittoria d’Annibale cartaginese dopo passate le Alpi.
Questi signori Visconti confeudetari, possedono la Dogana delle merci, che passano da Sesto Calende, facendole riscuotere da’ loro ministri, e si chiama il Dazio de’ signori Visconti. Ha pure questo feudo annesse molte pescaggioni, e due porti. Ebbero detti signori un Ermes, che dal duca Filippo Maria Visconti fu creato barone d’Ornavasso con tutta sua descendenza usque in infinitum l’anno 1413 del mese d’agosto, dato dal castello di Milano, con tutta la linea descendente usque in infinitum, nel qual privilegio si nomina col titolo d’Illustrissimoo, et de vera et antiquissima germinum familia, con che i loro descendenti baroni Gio. Maria, Bonifazio, Ottorino, ed Ermes nel cattalogo ultimamente formato, per ordine di Carlo Secondo dal magistrato straordinario, restano i quinti di tutto lo stato, ed i primi de’ milanesi, secondo l’anzianità de’ privilegi. Il detto privilegio di baronaggio fu prima concesso da Ottone imperatore del 1130, e dall’ora sino al presente sempre ne sono stati in pacifica tenuta.
Questa lunga linea fu sempre ornata d’uomini valorosi in lettere ed armi, e particolarmente vi fu un Bonifazio, che nel tempo di Carlo V contribuì molto per la riduzione di questo stato all’ubbidienza cesarea; come lo stesso imperadore l’attesta in un’ ampio privilegio concesso al detto Bonifazio, dato in Cremona nel mese di luglio 1529, come pure a contemplazione de’ suoi servizi ottenne altro privilegio di far il mercato ogni lunedì alla sua baronia d’Ornavasso, con le stesse prerogative, che godono quelli d’Intra, e Pallanza, interinati dal Senato di Milano, e da altri tribunali.
Ebbe anche il sig. barone Ermes padre de’ presenti signori Visconti la decisione favorevole della Sagra Ruota Romana l’anno 1668 19 febbraro, per la decima di Castelletto, come feudo ecclesiastico, con clausole strettissime per li suoi descendenti maschi legittimi, e di legittimo matrimonio nati, constando questo antichissimo jus dalle rinovazioni continuate per tempore di tutte l’investiture, fatte per ordine dagli ascendenti, e descendenti da Uberto Picco l’anno 1307, fino a questa parte, ed in detta decisione vi sono le precise parole: «Et fama huius privilegii habetur fuisse concessum a Gelasio secundo summo pontifice anno 492. Aldovino comiti Angleriae», attestando il Corio d’averne veduto l’originale.
Il detto luogo ha una parochiale antica molto riguardevole, in cui vi sono varie reliquie insigni, argenterie, paramenti sagri, ed altri arredi, e suppellettili ecclesiastiche fregiate d’oro, ed argento di molto valore.
V’è un tempio sontuoso, e magnifico di struttura moderna, alzata con ordine dorico, sotto il titolo di Santa Maria Assunta, in cui questa casa tiene particolar capella dedicata al glorioso Patriarca S. Giuseppe, dotata di molti continui legati di messe, ed anniversari, lasciati dagli antenati della stessa linea.
Avanti alla detta capella euvi il sepolcro, dove riposano le ceneri de’ maggiori di detti signori.
Questo ceppo fu sempre glorioso per gli eroi, che fecero in ogni tempo azioni ricolme di virtù grande. Fu ferace di soggetti sublimi, ebbe molti prencipi, duchi, conti, marchesi, baroni, ed ogn’altro titolo supremo tra’ secolari.
Quanto all’ecclesiastico, vi fu dello stesso sangue un sommo pontefice, che si fece nominare Gregorio decimo, avanti chiamato Teobaldo Italiano Piacentino, arcivescovo laodicense, che essendo in Asia, fu assunto al pontificato dal Sagro Collegio in Viterbo, l’anno mille dugento settant’uno, il primo di settembre. Andò poi al concilio di Leone, e ritornando a Roma, morì nella città di Reggio.
Fu uomo famoso in tutta le azioni di sua vita, tanto che il Sagro Collegio de’ cardinali, benché assente, ed in lontano paese, non seppe a chi meglio appoggiare la santa sede, che al suo gran senno. Fu prudentissimo e forte d’animo, con cui sprezzava ogni pauroso incontro, niente stimava le ricchezze, ancorché grandi, che non fossero per la maggior gloria di Dio; fu gentilissimo co’ nobili, clemente con tutti, e sempre benigno verso i poveri di Cristo; massime verso quelli, che ricorrevano al grembo della Sede Appostolica. Morì nel quarto anno del suo pontificato. Così il Platina.
Questa linea de’ signori Visconti ora baroni d’Ornavasso, e signori d’altre terre, è antichissima, e secondo le tavole più antiche, e comprovate da gravissimi autori, ebbe suo principio dal duca, e gran capitano d’eserciti Ermenulfo, o sia Alachio, che vinse in legittima e giusta guerra Cuniperto re de’ Longobardi, ed entrò signore del suo regno trionfante l’anno 689 «post reparationem nostram».
Da questo venne Desiderio, capitano toscano di sommo grido, che fu creato re de’ Longobardi l’anno 756, il quale fu abbandonato dalla fortuna, non ostante la fortezza dell’animo suo, fu spogliato del regno dalle truppe di Carlo Magno l’anno 774. Fu questi marito della regina Ansa, e si ritrova il suo corpo, anche oggidì, sepolto in Aquisgrano a piedi del cadavero dello stesso Carlo Magno, ove si mantengono accese molte lampadi.
Dal re Desiderio venne Everardo conte, Adalgisio re de’ Longobardi, ed Asprando, che dopo rinunziata la corona, fu abbate di S. Vincenzo di Milano.
Da Everardo venne Guido conte, e marito della contessa Rodolinda.
Da Guido, Atto Ascanio marchese d’Eporedissa, e conte di Lecco, che fu marito della contessa Felinda.
Da Atto venne Manfredo Berengario conte, e consigliero dell’imperadore Berengario, suo cugino l’anno 906.
Da Manfredo provenne Ugo conte, e marito d’Erminia, o sia Berta figlia del re Enrico l’anno 913.
Da Ugo venne Fulco Ansperto conte dell’Aula Regia.
Da Fulco, Obizzo conte gran maresciallo, e vicario imperiale dell’esercito, che fu marito di Mitilde, figlia di Luitulfo, eccellentissimo capitano, e figlio d’Ottone il grande imperadore nell’anno 963.
Da Obizzo Bonifaccio, o sia Faccio conte d’Angera, e signore di Milano nell’anno 997. Segretario, e parente del re Aldovino nell’anno 1002, come pure parente stretto di sangue d’Ottone terzo marito della contessa Gisle, figlia del marchese Adalberto.
Da Bonifaccio, venne Eriprando Visconte, signore e padrone acclamato di Milano. Morì l’anno 1065, che fu marito di Beatrice figliuola del marchese Attorigi.
Da Eriprando fu generato Otto Visconte, fortissimo capitano, prefetto delle truppe italiane nella Palestina, che nel terribile assedio, anzi nel più grande di tutti i secoli della vasta città di Gerusalemme, predetto da’ profeti, e dalla viva voce dell’oracolo divino, con la totale distruzione all’ora della prima, e principale città del Mondo, in cui stavano più di quattrocento mila anime, molte delle quali s’erano colà adunate per le Feste degli Azimi, ordinato in quel tempo da Vespasiano imperadore, quarant’anni dopo la morte del Nostro Salvatore, e continuato per anni quattro con vigorose difese; indi assistito personalmente per otto mesi dal suo primogenito Tito, che vincitore col padre poscia trionfò in Roma col più glorioso trionfo, che mai più tale non si vide; la qual guerra fu condotta da Gofredo Buglione capitano generale, come attestano Gioseffo Ebreo, Cornelio Tacito, e Pietro Messia nelle Vite degl’Imperatori [sic. Una bella confusione cronologica]; nel cui assedio successe un fatto di particolar osservazione al nostro proposito, mentre sfidato il detto Otto Visconte a corpo a corpo, vinse il Gigante detto Volucer, e per trofeo della vittoria riportò l’angue, che in bocca tenea un bambino ignudo, che a braccia aperte parea chiedesse pietade, e stava per fregio su l’elmo dell’estinto gigante, da esso vincitore poi riposto nell’arme gentilizia di suo casato, del quale gloriosamente si servono anche oggidì i successori nobilissimi di questa lunga linea.
Questo gran guerriero morì del mille cento undici, il qual fu marito di Lucrezia, figlia del conte Eugenio Stampa, del regio sangue franzese, al cui valore ogni più grande panegirico sarebbe poca mercede all’animo suo sempre grande.
Da Otto, o sia Ottone, ne venne il conte Guido Visconti signore d’Albizato, Besnato, e Massino, del 1142. Marito d’Aleria contessa di Geneva.
Da questo Otto venne altro secondo Otto, che fu console di Milano del 1162. Signore d’Albizato, Besnato, e Massino, marito d’Aldegonda, figlia d’Anselmo, marchese di Saluzzo.
Da Otto secondo venne Uberto console di Milano, signore come sopra del 1206, e fu marito d’Anastasia Pirovana, e Giovanni detto Giovanolo, il quale fu avo di Teobaldo, che fu assunto al pontificato col nome di Gregorio decimo, e secondo il Platina morì l’anno 1276.
Da Uberto, Andreotto signore d’Invorio e di Massino, Vergante, Olegio, Besnato ed Albizato; questi fu marito di Fiorina Mandella del 1230.
Da Andreotto venne Teobaldo prefetto dell’esercito di Ottone, fatto prigione, e poi ammazzato da Torriani l’anno 1275, e fu marito d’altra Anastasia Pirovana.
A Teobaldo successe il Magno Uberto signore di Somma Guelisca, Vergiato, Pozzolargo, Ferno, Massino, Crena, e Cislago. Morì del 1315, e fu marito d’Alducia Visconti sua cugina.
Da [sic] questo Teobaldo fu figlio anche il Magno Matteo, e fratello del detto Uberto, fu signore di Milano e vicario imperiale ascendente dello stipide ducale.
Da Uberto venne Ottorino, investito da Lodovico il Bavaro del feudo di Castelletto sopra Tesino l’anno 1329.
Da Ottorino, Bartolomeo, che fece cose grandi in favore di Giovanni Visconti arcivescovo, e signore di Milano.
Da Bartolomeo, Uberto, che fu primo consegliero intrinseco del duca Giovanni Galeazzo.
Da Uberto, venne Ermes, barone d’Ornavasso, creato tale dal duca Filippo Maria l’anno 1413 con tutta la discendenza masculina usque in infinitum.
Al barone Ermes successe Bartolomeo, che fu forte difensore delle ragioni della Chiesa Novarese.
Da Ermes venne il barone Alberto perpetuo podestà della Valle Sesia.
Dal barone Alberto il barone Bonifazio.
Dal barone Bonifazio il barone Giovanni, che fu prima valoroso capitano, poi sergente maggiore, ed in fine generale del duca di Modena.
Dal barone Giovanni, il barone Ermes, sergente maggiore.
Dal barone Ermes, il barone Bonifazio, il barone Giovanni, il barone Ottorino, ed il barone Ermes.
Tutti quattro viventi di somma espettazione. «Quos Deus adiuvet, et longe prosperet, et conservet».
- A Cura di:
- [Carlo Alessandro Pisoni]
La scheda che stai visualizzando è visibile GRATUITAMENTE.