Da questo luogo è discesa l`antica Casa Visconti, da cui uscirono tanti Eroi, li quali poi ascesero ad esser Duchi di Milano.
Troppo sarei lungo, se volessi qui porre l`Arbore con la successione d’Anglo, primo Fondatore di questa Città, dal quale discesero alcuni Regi; mi basterà dunque di riportare a’ posteri che da questo ceppo uscì Uberto d’Angera, che fu luogotenente del Vicario Imperiale, detto Conte d’Italia, che attendeva alla conservazione delle leggi, a tener le parti della Giustizia, ed era tutelare di Cesare, però chiamavasi conte, che poi si disse Visconte.
Al tempo di questo Signore seguì in Angera un fatto degno del nostro racconto, perché nella parte fuori della città, dove ora è la Chiesa di S. Dionigi, si suscitò certo pestifero morbo, che cagionò morte a centinaja di persone, ed essendo ignota per alcun tempo la cagione di simil accidente, in fine fu scoperto un dragone, che a certe ore uscendo da alcuni dirupi, col mortifero fiato ammorbava l’aria; ne trovandosi modo di riparar tanta rovina, in fine mosso dallo spirito suo, e connatural valore Uberto, come dal zelo, e pietà di liberar sua Patria da sì gran male, esponendo la propria vita ad evidente pericolo, armato di forte zagaglia, portossi coraggioso all’incontro della pestifera bestia, contro della quale scaricando l’asta ferrata, e sfoderato dimenando lo stocco con maschile robustezza, fatto destro dal prudente suo avvedimento, dopo non breve contrasto, in fine l’uccise, e lacera in molte parti, gli cadde a’ piedi, con eterna gloria liberata la Patria dal suo gran cuore.
Aglione Visconte d`Angera, creato Conte d`Italia, e fu de’ piu valorosi guerrieri dell’età sua. Invitto portossi contro del Re Odoacro, e glorioso riportò diverse vittorie contro de’ Goti.
Obizo altro Visconte d’Angera, fu creato Vicario Generale dell`Esercito da Ottone Primo Imperadore, e contro de’ Romani egregiamente portossi.
Aliprando suo figliuolo fu Generale dell’Esercito, e fostenne il potentissimo campo di Corrado Secondo Imperadore, che strettamente avea assediato Milano, nella cui impresa restarono sul campo piu d’ottomila Tedeschi, come nello stesso tempo uscendo generosamente Aliprando dalla Città, chiedè duello con Bavaro, detto il Gigante ch’era nipote dell’Imperadore, ed accettata la sfida, venendo alle mani, in breve restò morto Bavaro, tagliatogli da Aliprando il capo, onde levategli l`armi, e le spoglie, rientrò trionfante nella città, liberata dall’Assedio, nel qual trionfo fu chiamato
Padre della Patria.
Otto figlio del detto Aliprando, generale di sette mila milanesi per l’acquisto di Terra Santa, giunto all’assedio della Santa Città di Gerusalemme col resto dell’esercito cattolico, che furono al numero di trecento mila pedoni, e cento mila cavalli, dalla città il prencipe Transgiordano, chiamato Volucer famoso guerriero, di statura gigantesca, con superbo ardire, ed orgoglioso parlare, sfidò a privata battaglia, chi fosse capitano cristiano, ne tra tanti vi fu chi ardisse cimentarli, salvo il coraggioso Otto, che col suo gran cuore comparendogli avanti, accettò il duello.
Giunti però ambi a ferri ignudi, dopo lungo contrasto il Visconti arditamente avventandosegli al dorso percosse con mortal ferita quel prencipe, e l`uccise, levategli vittoriosamente le spoglie. Questi portava sul cimiero un serpe con un fanciullo scorticato in bocca, che tenea le braccia aperte; ond’Otto in memoria perpetua del fatto, prese, ed alzò l’Arme gentilizia per se, e suoi descendenti con simil figura di biscia, resa famosa per tutta Europa.
Ad Otto successe nella Signoria, e nel valore Andrea suo figlio, che vittorioso in molti fatti d`arme, rovinò Lodi vecchio, acquistò Casal Monferrato, ruppe i Cremonesi, Pavesi, e Bergamaschi.
Paffato a miglior vita Andrea, successe nella Signoria Galvagno suo figlio, che fu eletto generale de’ milanesi, il quale contro lo scomunicato Federico Barbarossa portossi con gran coraggio in molti fatti d`arme, e sostenne per lo spazio di nove mesi l’esercito imperiale di sessanta mille alemani, che divisi in tre campi assediavano la città di Milano.
In varie uscite in partita, send’egli fempre capo co’ milanesi di grande ardire, operò in modo, che nel tempo di detto assedio, restarono morti de’ nemici più di quindici mila; ed io avendo ravvivati alla posterità i fatti eroici de’ nominati Signori, basti per ora l’antedetto a gloria di sì nobile ceppo, degno di somma eterna lode.
- A Cura di:
- [Francesco Malingamba]
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