Ed eccoci al fine delle descrizioni, narrazioni, ritocchi di vecchie istorie, e riflessi morali sopra tutti i continenti delle Riviere, e Vicinati del Verbano.
Una cosa sola ci resta da rammemorare alla posterità, che non vogliamo trasandare, ed è la distinta narrazione della famosa piena dell’acque, che alzate dalle piogge veementi, cadute dal Cielo per più di quaranta giorni, e notti poco interrotte da qualche interpolazione di sereno, e fatte maggiormente gonfie da’ venti impetuosì, che atterrarono molte case, gran numero d’arbori, e piante di diverse spezie sradicate converse al suolo, dal giorno quarto dello scorso ottobre fino a quest’ora, che scriviamo, e sono 20 di novembre, ancor non cessando le piogge, si vede tutto quello continente vicino alle rive del Verbano miseramente allagato. Li fiumi usciti da’ loro letti, e sterminati dalle proprie sponde, nello scorrer con empito da trionfante nel Lago, s’immagini il Lettore quanti danni abbiano recato alle terre, alle vigne, ed a’ prati, dicendosi annegate molte persone, colte di notte ne’ propri letti, prima di potersi aiutar con la fuga. Spettacolo orrendo fu vedersì dal fiume Toce levar le terre intiere, e portarsele cadendo pietra per pietra già per l’acque fino al lago, con quanto si trovò in esse terre.
Nell’ingresso perciò della foce del lago, passato il castello di Lissanza, ove stringesi quasi in canale quell’ultimo varco, videsi in pochi momenti alzate l’acque in sterminate ampiezze, tra le quali sommerse le boscaglie, e le piante, ove prima annidando cantavan gli augelli, poscia natandoguizzavan i mutoli pesci,e l’isoletta vicino a Sesto Calende annegata sotto quell’onde correnti, che si portavano a ruba quanto tra esse galeggiava, rendeva spaventoso quel passo, che prima era porto, e meta del viaggio dell’orgoglioso Verbano.
Nel fine del Lago alla feconda foce del Tesino, il giorno di S. Carlo, furon vedute quell’acque scorrer sì gonfie, ed allagato tutto quel paese di Sesto Calende, e suo incontro, che recava orrore allo sguardo tale spettacolo di tant’acque precipitanti.
Queste, inondate tutte le rive, erano sì gonfie, che in alto elevate entravano ne’ cortili dell’Osterie, e di là barcheggiando sopra d’esse, s’usciva per l’altra porta superiore; ne qui si fermavan l’acque, ma passando nelle case, e piazze del luogo, furiose scorrevano per tutto, giungendo fino all’alto Convento de’ Padri Riformati di S. Francesco. Passando avanti poi per la gonfia corrente del Tesino, che sempre precipita dalle sue altezze cadendo al basso, fu veduto diroccarsi l’alta mole della Torre, ove d’ordinario sta ben fermato il porto per li passeggeri, portati giù per l’onde frementi que’ sassosi materiali, e’l ponte per la corrente dell’elevato fiume precipitando, fatto in scheggia. Né questo terribile elemento più volendo suo letto ordinario, rifiutata ogni sponda, si vide uscir borioso ad allagar campagne, a sterminar alti colli, a far fiumane le terre colte, ed a desertar le spiantate vigne, fatte letti del fiume, che trionfava sopra le miserie de’ vicini luoghi.
Giunto poi presso la Camera del Rege Ibero, spiantò da’ fondamenti quel fortissimo riparo di vaste moli, formato di quadrati macigni con spese degne di sì gran monarca, fatto già molti anni sono al vorace fiume in quella parte, tanto che svelti da’ loro siti que’ grandi sassi, e scorsi nell’alveo di quell’acque, passarono gorgogliando l’onde a far lago del vicino prato, assediando la stessa casa, e chiesa della Regia Camera, fatta isola nel mezzo a que’ torrenti, e perché una poca parte d’esse acque soleva scorrere a formar canale per lo continuo trasporto delle mercanzie a Milano, queste cangiato corso, ragaunati monti d’arena in esso cavo, e proibita così dalle loro prepotenti forze la navigazione, con tremendo ardire deviando il corso, si portarono insuperabili alla mano diritta, ove sempre più precipitoso, che in altra parte, ne va scorrendo in ogni tempo il gran fiume, ivi adunandosi tutte l’acque a render mortale quel passo. Scorso poscia quell’ondoso inviluppo d’acque spumanti, furioso baccante passava sotto Vigevano, d’indi inoltrandosi verso Pavia quanto gli capitava vicino, tutto rubando, si portava sotto la Regia Città, ove dividendosi il fiume in due rami, Tesino, e Gravellone, accordatesi l’acque nelle sue ampiezze, composero un corpo solo, sì unito, che alzandosi sopra il ponte della stessa Città Reale, d’esso fecero letto alla loro gonfia prepotenza.
Portandosi poscia con le vicine Case, svelte da’ fondamenti, nuove materie, entrarono ne’ reali magazzeni di Sale, i quali servono a tutto lo Stato di Milano, e quegli inondati senza dar tempo ad alcun trasporto, tutto fu converso in acque, con danni sì grandi, che solo la povertà lagrimosa ne può ridire la sventura.
Unito poi il Tesino, Adda, Tanaro, ed altre numerose fiumane, immagini il lettore, come entrando nel superbo Po, di tutto facessero strage, strascinandosi i catenati mulini, le barche da mare, e quanto loro si trovava in seno.
Passata Arena, e portatosi in pezzi il bel palagio de` signori conti Mandelli, disarginarono quell`acque tremende le loro sponde, ed entrate a guisa di vittorioso esercito nelle campagne dell’OltrePo, ed in quelle Sottanne di Pavia, tutto allagarono quel ferace paese, in guisa, che portandosi in seno le abitazioni intere di que` poveri terrieri, ne sapendo come salvarsi, convenne loro salir sopra gli alberi, ed ivi da Dio, e da gli uomini attender aiuto, che con grosse spese fu loro portato dalla generosa clemenza, cd ardente amore dell`Eminentifs. sig. cardinale Morigia vescovo di Pavia, ponendosi a rischio di naufragio alcuni pratici di que` luoghi, barcheggiando per salvar quelle genti , che semivive per lunga fame sostenuta, e freddo delle notti, soggiornavano sopra que` rami. Ferrara poi nobile città pontifizia, che in molta parte sta situata su le sponde del Po, su quali per la metà diroccata dall`onde, o così maltrattata, che per secoli a venire ne sentirà le dolorose memorie, rovinate in maniera quelle sue vaghe, e feraci campagne, che mirandosene sì grave desolazione, si ricorda il mortale le minacce del piagnente Geremia; onde in quella rimembranza de` diluvi d`acque, prosciolte da` Cieli dal giustissimo gastigo di Dio, si fa conto siano passate a miglior vita più di trenta mila persone, cominciando dall`ambiente del Verbano, e suo di. stretto fino a Ferrara inclusive.
Fu terribile l`inondazione seguita nel secolo passato dell`anno 1640 pure d`ottobre, ma non fece tanto danno, e la presente ha già passato que` segni da que` viventi notati, che ancor si vedono col millesimo in fronte; onde pochi de` nostri prossimi sono esenti da questi danni, sì per l`acque entrate nelle cantine, per le quali fuggirono i vini dalle
botti, come per le case, e piante sradicare.
Piaccia al Signore, che ci serva d`avviso quello sciogliersi dell`acque, perché i nostri costumi s`emendino in meglio, mentre non senza cagione S.D.M. move la sferza a percuoterci.
Ma già che tanto abbiamo discorso d`acque, ben`è ragione, che si sappia, come il Verbano si faccia il maggior lago di tutti, e la cagione si è il numero de` fiumi, e rivi, che da` monti, e da altri laghi, e valli entrano in esso; e perché già di buona parte di questo s`è parlato, luogo, per luogo, ora diremo in genere, che tutti li fiumi, che sboccano in quello Lago sono trentacinque, oltre diversi rivi, che precipitando da` monti, scorrono nel grand`alveo del maggior Lago d`Italia.