Poco fin ora abbiamo detto d`Arona, come chiave d`oro principale di tutto lo Stato di Milano, dalla parte de` monti confinanti alla Francia, tanto celebrata ne` suoi fatti eroici dalli storiografi di maggior fede, e grido; perciò diremo della sua somma pietà, e grandezza d`animo, prima de` padroni eccellentissimi, e delle eroine sagre di casa Borromea, che tanto fecero per lo splendore luminoso della santità, nel cumular vergini ne` chiostri del loro sesso; onde in un picciol borgo sì vedono fiorire due cenobj, e per dir meglio due giardini, che ne` loro fiori purissimi fanno olezzar d`odori soavi tutta l`Italia; mercè il buono, ed attento governo di chi attualmente li regge, e resse.
Il primo d`essi fu nobilmente fondato del 1590 da quella grand`anima, che attualmente la resse, la signora contessa Margherita Triulza Borromea, che fu amorosa madre del cardinale Federico Borromeo arcivescovo di Milano, sempre di gloriosa memoria, affine che prima le figliuole più divote dello stesso borgo, e feudi della casa, ove nacquero fossero educate co` principi, e progressi della virtù, e continuassero sempre più tra gli acquisti della perfezione evangelica; però fu approvato quello santo pensiero dall’ordinario di que` tempi, e la detta signora le appropriò alcune rendite, sufficienti all` introduzione dell`opera piissima. Le provide di bastanti abitazioni, dichiarandosi, ch`ella era la protettrice di quell`anime innocenti, e ben disposte per lo servizio di Dio. Anzi perché più s`inoltrava nell`età, pregò la contessa Ersilia Farnese sua nuora, e supplicò in iscritto la dama più vecchia della casa, che fosse per tempora, a voler assumere sì nobil peso di così grande servizio di Dio, d`esser protettrici del medesimo Collegio, sempre procurando gli accrescimenti dello stesso, e che la virtù si raddoppiasse in ogni tempo in quadruplum.
Il numero di quelle vergini fu destinato di ventiquattro, che vivessero in comunione, assissite nelle facende di Marta da sei sorelle.
Queste dopo le orazioni mentali, e vocali, passano le ore diurne in dar trattenimento co` soliti esercizj delle figliuole, a quelle del borgo, e serve questo a doppio motivo. Il primo ad insegnar loro il modo di viver santamente, e fuggir i vizi, a che con gran cautela lor vanno inserendo nell`animo la lontananza d`essi, e l`acquisto delle più perfette virtù nell`età più fiorita, e perciò più pericolosa nelle apprensioni del secolo maligno. Trattengono anche a conviver loro molte nobili, ed onorate zitelle, le quali dalle medesime date in ogni tempo, imparano da esse quanto sia loro necessaria la pietà, e l`acquisto dell`altre virtù morali; tanto che chiamate per la maggior parte da Dio, o si fanno religiose in altri cenobj, o s`accettano per novizze del Collegio, e per due anni continui stanno in esso, sotto le Regole prescritte, ed in quel tempo vestono abito pavonazzo, il quale passato, ed ammesse alla professione, in esso fanno voto solenne di castità, e promettono a Dio di vivere, e morire in detto Collegio sotto l`intera osservanza delle Regole d`esso, non per altro motivo, che per lo sommo amore, portano al loro Signore Dio, e per lo santo servizio suo, e sempre poi sin che vivono, vestono abito di lana nero.
Nelle cose dello spirito sono assistite con grandissima carità da` Padri dell`illustriss. Compagnia di Giesù, e benché per commodo della comunità abbiano la Santa Messa nell`oratorio del Collegio, tuttavia d`ordinario frequentano la chiesa de` medesimi padri, poco distante, coperte le professe di lungo manto, di nera spumiglia, che tutte le ricopre, e le novizie del loro pavonazzo. Ivi si confessano, ricevono la Santa Communione, odono la parola di Dio, e seco conducendo le loro educande, le vanno insinuando nell`anima l`impressione della più divota, ed intera virtù. Nel rimanente sono soggette alla giuridizione dell`Ordinario di Milano, al quale compiutamente ubbidiscono.
Sono poi assistite in tutti i loro bisogni dalla benignità singolare, e sommo zelo del sig. arciprete del borgo, spezialmente deputato a ciò dall`eminentissimo sig. Cardinale Arcivescovo, il quale abbondando nella pietà, sempre attento al maggior servizio di Dio, non omette cosa, benché menoma, che possa giovare a quelle sante anime, ed al servizio delle medesime, come soave mezzo a tenerle sempre occupate nell`amore del loro, e Nostro Signore Dio.
L`altro Giardino d`Eden è il Monistero di Clausura, sotto il Titolo della Visitazione, che si governa con le regole date a tal`instituto da quel gran prelato, pio Padre, e dotto Maestro di spirito S. Francesco di Sales vescovo di Genevra, e praticato dalla prima Fondatrice Donna Giovanna Francesca Formiot di Chantal, che diede tanti saggi di fervore nell`amor divino alle sue figlie nel chiostro, i principi della qual fondazione nel detto borgo seguirono, come brevemente diremo.
Occupava la prima Sede della Collegiata d`Arona il Sig. Arciprete Graziano Ponzone, uomo divoto, e savio, che coltivava con somma attenzione la vigna del Signore, e ripieno lo spirito d`amor di Dio, praticava nel più alto grado tutte le virtù morali, e fu l`anno 1645, le cui sante memorie si leggono nella sua vita stampata in Nizza. Questi come buon pastore, distintamente conoscendo la divozione delle pecorelle più divote del suo gregge, ed. osservando, che per la loro povertà, non potevano dar sufficiente alimento allo spirito di Dio, che le circondava, Vergini, che luminose per gli abiti della grazia con le loro lampadi accese, andavano cercando lo Sposo Celeste, raccomandandosi con cuor divoto al Grande Iddio delle ricchezze del Cielo, e della Terra, alla Santissima Vergine, ed a S. Giuseppe, posto l`occhio della mente sopra alcune Vergini del Borgo, povere de` beni di fortuna, ma ricche di grazia Divina, con facoltà Ordinaria, ragunò in una sua Casa, a ciò destinata tali figlie, perché ivi servissero a Dio con intenzione, in progresso di tempo, di professarle Capuccine; ma appena levò dal segreto del cuore il suo desiderio il buon servo di Dio, che giunto all`orecchio del cardinale Cesare Monti arcivescovo di Milano, fu troncato il filo a questa tela sul primo moto del subbio. Mentre non piacendo il disegno a gli Aronesi, nè ad altri Religiosi con varie ragioni esposte al cardinale, fu fatto comandamento si desse silenzio a tal` impresa. Ma a questa difficoltà ponendo sua forte mano la contessa donna Isabella d`Adda Borromea, e disciogliendole come tele d`aragno, presso lo stesso cardinale operò, che il buon fervo di Dio l`arciprete potesse dar principio all`opera, e conoscendo il cardinale quanto fosse inchinata la Casa Borromea ad azioni di sì elevato servizio di Dio, diede subito piena facoltà al suddetto Arciprete di ragunar le figlie, nel maggior numero possibile, ordinando al Vicario delle Monache visitasse la Casa, che ne riportò poco buona relazione, dicendo a Sua Eminenza, che la Cafa disposta dall`Arciprete per tal pia opera, era angustissima, ed in sito sì basso, privo di luce, che avea figura più di sepolcro, che d`abitazione di giovani figlie, benché non per tanto spirituali. Levò la detta facoltà il Cardinale, ma quantunque vennero altri nuovi soccorsi per l`opera intrapresa, restando tutto il peso su le spalle del Ponzone; onde cominciò a pregar lo Spirito Santo, che gli desse lume d`elegger persona abile per lo governo di detta Casa, a che subito s`offerì donna Virginia Alardi, nobile signora piisiima, diretta nello spirito dal suddetto servo di Dio, per lo spazio d`anni cinque, quand` era curato in Milano.
Queste due grand`anime furono i primi padre, e madre di quella nuova casa, che co` loro sudori, e santi ammaestramenti l`hanno coltivata, e dirizzata alla santità.
Il giorno dunque sette di marzo del 1645 giunse ad Arona, d`ordine del suo padre spirituale il suddetto arciprete, donna Virginia Alardi, e raunate le povere figlie nella chiesa maggiore al numero di sette, udita la Santa Messa, ed unite con Dio nella Santa Comunione, in divota Processione, servite da alcuni sacerdoti, e popolo, s`avviarono alla loro povera casa, alla Porta della quale, videro la figura del loro Crocifisso Signore grondante sangue, che a mani aperte le attendeva per abbracciarle, a cui strette una ad una, divota, e santamente dissero: «Haec requies mea in seculum seculi». In questa casa stettero chiuse lo spazio di sei mesi, non uscendo, che per udir la Santa Messi, e ricever i Santi Sagramenti, sempre occupate in diversi esercizj, e mortificazioni, dopo s`accrebbe in educazione altra figlia aronese, che scorsi anni 81 dell`età sua ancor vive. In quanti stenti passassero la vita quest`anime divote, Dio solo lo sa. ll pane lor veniva giornalmente dal loro padre spirituale, tutto il rimanente necessario alla vita fu frutto delle loro assidue fatiche. Recitavano ogni ora l`uffizio divino, si levavano per lo matutino, e le laudi, ed all`orazione mentale fu la mezza notte, dirizzando le loro azioni alla vita delle capuccine.
Ma Donna Virginia un giorno profetando disse: Questa nuova Casa del Signore avrà per suo grande, e particolar instituto le direzioni del gran vescovo di Ginevra, ed all` ora non s`avea alcuna notizia di tal` instituto nelle nostre parti, passato a goder il premio delle sue fatiche l`ottimo pastore dell`Anime solo l`anno 1622. Però vedendo il Signore tanto spirito in quest`anime della loro prima Chiesa nascente, trovò modo d`accrescerla con altre serve sue.
Onde permettendo grave morbo al corpo di Gasparo Verino, ragionato del Re Cattolico nello Stato di Milano, nel furor del male gl` ispirò un soccorso alla medelima Casa, il quale ubbidendo all`inspirazioni fece subito sborsare scudi tre mila a quelle povere Figliuole, acciò sotto l`ottima direzione del conte Carlo Borromeo s`ergesse la fabbrica di nuovo monistero più comodo per le dette Vergini, e se ne stendesse la clausura. Questa novella recò grande allegrezza a` primi direttori, sperando vederle meglio aggiustate, anzi lo stesso sig. conte Carlo loro assegnò pro interím casa migliore vicina al proprio palazzo, luogo di miglior aria, più ampio, più discosto da` rumori del volgo, e più vicino alla chiesa, fin tanto, che si fabbricava il nuovo monistero. Del 1647. si trasferirono dunque con la loro madre, e maestra alla detta Casa, detta di S. Bernardino, tre anni dopo che lasciarono le loro case paterne.
Occorre un dì, che supplicato il buon padre dalle dette vergini, loro dicesse qual fosse la Regola precisa, ch`esse doveano abbracciare per servir a Dio in tutto il tempo della loro vita, egli per consolarle, levatosi dal seno il picciol libro intitolato «Il Direttore di S. Francesco di Sales», così appunto le disse: «Pigliate questo, mie figlie, seguitelo, in tanto, che Dio vi provederà»; così fecero. S`accrebbe poscia il numero dell`educande, e con que` comuni emolumenti, providero a` loro bisogni, assistite anche da molte persone, che raccomandatesi alle loro orazioni nelle attuali malattie, le sovvenivano con molti aiuti.
Comprato qualche sito annesso alla nuova fabbrica, ed altro donato dal conte Carlo Borromeo, come ceduta la chiesa da` confratelli di Santa Marta, alle medesime figlie lasciarono in dono buona parte delle biancherie, e suppelletili sagre con molto contento dell`Arciprete e di donna Virginia.
In quello buono stato caminando le cose, il cardinale Monti ordinò a monsig. Bussola, suo Vicario delle Monache, che visitato il sito della nuova fabbrica, e ritrovatolo sufficiente, secondo gli ordini generali, si desse la facoltà di porre la prima pietra, e si proseguisse la fabbrica, come subito fu eseguito con solenne processione d`esse figlie, dell`Arciprete, canonici, altri sacerdoti, e quantità di popolo, nel qual tempo, testimonj tutte quelle genti, il Cielo volle dar co` fregi di luce non ordinaria contrasegno di gradimento, che quel luogo dovea esser Tabernacolo della Santità, perciò fu coronato con Arco Celeste, come apparentemente fu veduto a ciel sereno un arco luminoso, che abbracciò tutto il sito del nuovo monistero e d`indi poco a poco svanì. Nel qual tempo dalli Arciprete in abito corale, da donna Virginia, e dalle figliuole fu posta la prima pietra, e terminata la divota funzione. Nell`anno poi medesimo il Signore volle a sé l`anima di donna Virginia, lasciando in qualche desolazione le loro amorose figliuole, e fu il 1650. Onde mancata la direzione di sì gran maestra di spirito a quelle vergini, crebbero le fatiche al padre spirituale, e sopragiunsero più terribili le tentazioni alle figliuole per opera del comune nemico, le quali superate, non sapendo più il Demonio come impaurire le dette Vergini, si lasciava vedere talora, e frequentemente in figura d`oribil cagnaccio, che fulminando fiamme dagli occhi, aperte le zanne, e digrignando i denti, sembrava di voler divorare chiunque incontrava, ma caso grazioso, accadde, che una delle più innocenti educande, a cui era seguito l`incontro, esponendolo al padre colle lagrime imperlate sul volto, egli amoroso nel viso, le disse: «Non dubitate figlia, che voglio lo spaventiamo in maniera, che più non si lascerà vedere»; però il giorno appresso, portato seco picciol bastoncello, chiamò la figliuola, e sì le parlò: «Prendete questo bastone, e portatelo sempre, che andate per lo monissero con voi; quando vedrete quel cagnaccio, e voi forte d`animo, ch`io ve lo comando in nome di Dìo, alzando il bastone dite: “va all` Inferno, che te lo comanda in virtù di santa ubbidienza il Padre, ne più ti lascia vedere”», e tanto accadde, ritornò l`infernal bessia, generosa l`incontrò la fanciulla, eseguì il comandamento, lo scacciò, e per vergogna più non si lasciò vedere.
Passato a miglior vita dopo alcuna anni, che si stabilì la detta fondazione l`arciprete Ponzone, Dio provide al monistero altro arciprete di non minor virtù, ed attenzione, che fu il sig. Carlo Litta, il quale sempre assistè a` bisogni dello spirito, ed a` temporali delle dette suore, e poi l`anno 1694 passò agli eterni riposi.
Dopo la signora contessa donna Isabella D`Adda Borromea, già nominata, volle pigliar cura particolare di quella nascente raunanza, anzi nello stesso tempo rimasta vedova del sig. conte Carlo Borromeo suo consorte, che come piamente si crede, volò al Cielo, ella s`invogliò di ritirarsi del tutto dal Mondo, quantunque non avesse ancor fermo il pensiero in alcun luogo, ma disponendo il Signore soavemente di sua persona, combattuta dal delicato esser suo, che non potesse accingersi, come desiderava, a vita austera, ne piacendole altri più nobili Cenobj, volle Dio verificasse la predizione di donna Virginia, cioè, che la contessa Borromea sarebbe entrata in detto monissero con molto profitto suo, e della Religione, come seguì, perche, veduto l’instituto de` monisseri della Visitazione, d`esso sodisfattissima, chiamate da Vercelli tre monache di santi costumi, dell`ordine mentovato, a proprie spese, e di nuovo dotate de` suoi propri denari, quelle destinò per fondatrici, e prime maestre di quelle religiose, poi dopo qualche tempo anch`essa entrata, ivi professò la Regola delle Monache della Visitazione, in cui santamente morì.
Nell`ingresso in quesso nuovo monistero delle dette fondatrici, la notte seguente apparvero due stelle più luminose, e più grandi dell`ordinarie, e fuori delle solite sopra la Rocca della Fortezza, e fu detto, che predicessero lo splendore che doveano portare al Mondo Cattolico i progressi delle Vergini, che ivi erano, ed in avanti sarebbero entrate in que` Santi Chiostri, come in fatti è poi seguito. Altri dissero esser segni celesti de` favori continuati dell`arciprete Ponzoni, e di donna Virginia sopra quel loro protetto monistero; sì che alli 8 d`aprile seguì il totale stabilimento della clausura, per la cui sagra funzione uscite le monache dal monistero, e portatesi alla chiesa maggiore, dopo cantata messa solennemente da quel sig. vicario Bussola, s`avviarono processionalmente, servite dall`ordine ecclesiastico, e da tutta la nobiltà, al nuovo monistero, nella cui funzione la signora contessa donna Isabella Borromea, come prima fondatrice portò la Croce, servita da molte fanciulle con faci accese, in figura d`angeli, con varj geroglifici, e palme nelle destre, poi seguirono le dette Vergini, dopo le quali venivano le fondatrici, venute da Vercelli, e tutte entrate nella clausura dopo breve discorso sagro fatto loro dal Vicario, si chiuse la porta, passando gli ecclesiastici, e`l Popolo nella Chiesa esteriore, ove si cantò il Te Deum.
Le fondatrici furono la signora contessa donna Isabella Borromea, la madre suor Maria Ludovica Roncaccia, che fu eletta superiora, la madre suor Maria Gioseffa Bellacomba vicaria, e la madre suor Maria Vittoria Tizzona economa, e portinara.
Il giorno poi primo di luglio, detto anno 1657, vestì l`abito di quella nuova religione dell`ordine della Visitazione, instituito dal vescovo S. Francesco di Sales, la predetta signora contessa donna Isabella D`Adda Borromea con altre nuove figliuole, e già passò la metà d`un secolo, che quello monistero sempre fiorì in virtù, ed in meriti, assistito dopo la casa Borromea da` superiori con purissimo amore, e carità perfetta. In esso vi furono molte suore delle prime case della nobiltà di Milano, che forti d`animo militando sotto lo stendardo del dolcissimo S. Francesco di Sales, lodano, e loderanno Dio, e la Santissima Vergine per tutti i secoli de` secoli.