STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Denominazione:
Verbania, loc. Pallanza
Breve Abstract:
V. De Vit, Il Lago Maggiore..., Vol. 01 p. 1 - Cap. 44 - Di un documento inedito relativo alla collegiata di S. Angelo [nell`Isolino, e osservazioni di topografia medioevale pallanzese]
Abstract:
CAPO XLIV
Di un documento inedito relativo alla collegiata di S. Angelo
e delle notizie in esso contenute ad illustrazione di Pallanza e del suo territorio.

Ho parlato altrove della Chiesa o basilica di S. Angelo nell`Isolino presso Pallanza dello stesso nome (v. pag. 288), ora detto di S. Giovanni, ed ho anche accennato alla probabile esistenza del suo capitolo sino dall`undicesimo secolo per la cura d`anime della popolazione di Pallanza e della circostante regione (v. pag. 420). Ora poi che ne abbiamo tra mano un documento certissimo spettante a questo periodo della nostra storia, gioverà servirsene per illustrare con esso un qualche brano della medesima.
Questo documento porta la data del 7 gennaro 1341, è inedito e verrà pubblicato da me per la prima volta insieme cogli altri alla fine del volume. Era stato conosciuto dal Bescapè, che ne fa menzione nella sua Novaria,1 ma non avendocelo recato, tutti gli scrittori che ci precedettero intorno alle cose del nostro Lago sono stati impediti dal cavarne un profitto. Devo questa comunicazione alla gentilezza ben nota del can. Guglielmazzi di Pallanza, che lo possedeva e che volentieri se ne privò per concederlo a mia richiesta all`archivio capitolare della Cattedrale di Novara, dove sarà diligentemente custodito a benefizio comune degli studiosi.
Esso è lo strumento di divisione, che fecero tra di loro i tre canonici allora viventi, dei beni , redditi e fondi posseduti in comune da quel capitolo. Si chiamavano Antonio di Stresa, Lamberto de Picuris d`Intra e Francolino, detto anche Francolo, di Francuccio di Pallanza. Risulta da questa divisione ch`esso capitolo possedeva una quantità grande di beni non solo nel territorio di Pallanza, ma eziandio in quello vicino d`Intra, e altrove ancora.2 Non importa al nostro scopo di descrivere minutamente tutto quello che di essi beni toccò in sorte a ciascuno: il lettore potrà volendo ricavarlo da sé sul documento medesimo. Dirò soltanto che questa divisione fu fatta di comune accordo tra i canonici sunnominati e con tutta regolarità nello stesso borgo di Pallanza presso la chiesa di S. Leonardo alla presenza di prete Guidolo di Rovegro prevosto della Chiesa di S. Vittore d’Intra, di prete Villano rettore della chiesa suddetta di S. Leonardo, di prete Pietro di Rovegro, del chierico Lambertino figlio di Giovanni de Picuris d’Intra e di Guglielmo di S. Ambrogio di Suna.3
Dirò inoltre, che non tutti i beni e fondi ch`esso capitolo possedeva furono allora tra loro divisi; ma che una parte ne rimase ancora in comune, probabilissimamente per supplire alle spese del mantenimento della Chiesa, per le sacre funzioni e per altro che poteva esser necessario. Tali furono i beni che possedevano nei luoghi di Pombia, di Cressa e di Cavaglio, la casa del Castello S. Angelo e quella di S. Romerio colle terre e possessioni ad essa relative.4
Questo stromento fu fatto essendo podestà di Novara il nobil uomo Luca di Carcano e rogato da Giacomino figlio di Filippo De Picuris di Intra e autenticato da altri due notai pubblici imperiali, cioè da Giovanni del q. Gaspare di Trobaso e da Bartolomeo dei Barbavari figlio del q. Giacomo di Bartolomeo di Pallanza, che vi apposero la loro firma col segno del proprio tabellionato.
Lo scopo e il motivo di questa divisione non è indicato; ma credo che non sia difficile d`indovinarlo: ce n`è dato un argomento nella stessa carta. Si fa qui menzione del rettore della chiesa di S. Leonardo. Ciò dimostra che la cura d` anime di Pallanza, che da prima era esercitata in comune dai tre canonici della chiesa di S. Angelo nell`Isola e in quella di S. Remigio sul continente (v. sopra pag. 289), era stata già trasferita per maggiore comodità della popolazione nella chiesa di S. Leonardo, e che i detti canonicati erano già stati di conseguenza ridotti alla condizione di benefizii secondo che afferma lo stesso Ven. Bescapè nel brano che riferirò qui sotto,5 del quale la nostra carta può servire di ampio commento. Ora sciolti che furono i canonici dall`obbligazione della cura d`anime, e quindi anco da quella della residenza, ché un passo chiama l`altro, sorse ben presto in essi, ed era facile che sorgesse, il pensiero di dividersene i beni, che possedevano in comune, in tre parti, quanti appunto essi erano, lasciando indivise alcune rendite che avevano qua e colà e particolarmente le case presso le due chiese di S. Angelo e di S. Remigio. In questo modo essi poterono godere del benefizio dovunque essi stessero, e non solo di quello, ma di più altri ancora che potessero essere loro conferiti di egual natura.6
impariamo poi dal nostro documento che la Chiesa presente di S. Leonardo (nunc eleganti opere in continente aedificata), della quale parla il Bescapè, non deve essere menomamente confusa con quella molto più antica, ricordataci in esso, e ch`è assai probabile, ch`esistesse fino dal secolo XIII. Ritengo poi che di essa si faccia menzione in altra carta dalla quale apprendiamo che il Vescovo di Novara Girolamo Pallavicini (1484-1503) aveva già molto prima del Bescapè tentato, sebbene inutilmente, di trasferire il capitolo di S. Angelo nella chiesa di S. Leonardo. È memoria di questa carta nella dissertazione ms. di G.B. Bianchini sulle Antichità di Pallanza. Di che ne segue che deva intendersi presso il Vagliano, che ignorava al tutto la nostra carta, farsi parola della nuova chiesa collegiata di S. Leonardo là dove scrive ch`essa fu edificata e dedicata l’anno 1520 il giorno 16 marzo, e che, come altri scrivono, fu consacrata l`anno 1590. Il trasferimento poi del capitolo della chiesa di S. Angelo alla presente di S. Leonardo, o meglio la fondazione di esso capitolo, fu eseguita dal lodato Bescapè, con suo decreto del 19 settembre1597 e poscia approvato dalla Santa Sede l`anno 1616.7
Apprendiamo inoltre dal nostro documento, che la chiesa conosciuta da tutti sin qui sotto il nome di S. Remigio, era anche volgarmente chiamata Chiesa di S. Romerio, della quale ricorda anche il portico (porticus ecclesie sancti Romerii). Come sia nato allora sulla bocca del volgo lo scambio, ossia la corruzione del nome Remigio in quello di Romerio, non saprei dire, in onta alle mie ricerche. È però certo che con questo secondo nome non altro si può intendere, che quello stesso di Remigio. Ma quello ch`è più notevole ancora è che da esso prese il nome una delle porte del borgo di Pallanza leggendosi chiaramente nella nostra carta queste parole: Itur per viam carrereciam versus Castellonem quousque ad portam sancti Romerii. Era dunque Pallanza fuor d`ogni dubbio in quest’epoca borgo chiuso e cinto di mura con più porte, una delle quali appunto, che conduceva alla volta della chiesa di S. Remigio, chiamavasi porta di S. Romerio.
Altra notizia non meno importante delle precedenti apprendiamo dalla nostra carta sul conto della chiesa chiamata volgarmente della Madonna di Campagna. Questa ci era già nota per mezzo degli scrittori, ma niuno ci aveva ancora saputo dire della sua antichità e condizione. Nel nostro documento è chiamata ora semplicemente col titolo di S. Maria, ed ora più pienamente con quello di S. Maria de Egro, cioè Agro, vale a dire di Campagna, perché posta nella pianura fra Intra e Pallanza. È vero che si ricorda per incidenza all’occasione cioè di designare i confini di un qualche fondo, o località: ma non v`ha dubbio, ch`essa deva essere stata una delle cappelle spettanti alla pieve d`Intra, registrate nella suaccennata lettera di papa Innocenzo al vescovo Litifredo (plebem de Intro cum cappellis suis) e che abbia dovuto servire per le popolazioni di Suna e di Villa di Pallanza, oltre a quella, che dimorava ivi presso per la coltivazione della campagna; recandosi colà pei bisogni loro e in certi tempi dell`anno uno dei canonici d`Intra, al quale spettava la detta cura. Ciò si rileva dalla relazione che ne lasciò scritta nella sua Novaria il citato Ven. Bescapè8 e da altri documenti, che abbiamo intorno alla medesima.
Si trae da questi, che trovandosi gli abitanti di Suna o di Villa di Pallanza separati dalla chiesa di S. Vittore d`Intra dal fiume S. Bernardino,9 che ne rendeva talvolta difficile l’accesso, ricorsero al Vescovo di Novara, allora Guglielmo Amidano,10 per essere segregati da quella cura; e che il Vescovo riconosciute buone le loro ragioni con suo Decreto del 2 gennaro 1346 eresse la chiesa di S. Maria di Campagna in titolo parrocchiale comune alle due popolazioni di Suna e di Villa di Pallanza stabilendovi un rettore obbligato alla residenza, riservando tuttavia le decime solite a darsi al canonico d`intra, quale compenso di questa smembrazione.11
In progresso poi di tempo essendo ancora più cresciuta la popolazione di questi luoghi il cardinale Giovanni Antonio Serbelloni vescovo di Novara (1560-1574) costituì due prebende distinte, l`una per gli abitanti di Suna12 e l`altra per quelli di Villa di Pallanza, imponendo a ciascuno dei titolari l`obbligo della residenza nel centro del proprio gregge coll`alternativo esercizio del loro ministero nella chiesa della Madonna di Campagna, rimasta ancora in comune.13
Da ultimo il Ven. Bescapè fondò presso di questa chiesa un seminario pei chierici accrescendo l`antica casa parrocchiale che vi era annessa di altre venti stanze per uso dei medesimi, e difendendola a tutto suo potere, acciocché essa chiesa non fosse ridotta a benefizio semplice, come era già stato impetrato da un segretario de` signori Borghesi fratelli di Paolo V. Egli dimostrò con evidenza e calore, che con tale determinazione si sarebbe messo in pericolo di disperdere affatto la devozione a quella Chiesa, e il concorso, ch`era grande, alla medesima, e di disfare quel Seminario, al quale d`altra parte andavano ognora crescendo l`entrate:14 e quindi non si fece più nulla.
Tali sono le notizie importanti che si traggono dal nostro documento, e che servono di base a quelle da noi aggiunte, e loro strettamente connesse. Ne ometto per amore di brevità alcune altre,15 e proseguo senza più la serie dei successori di Matteo Visconti.



1 È alla pagina 157, ne riferirò il brano più innanzi.

2 Come nel luogo di Miazzina o Miaccina , nella nostra Carta Miazina, e in quello di Premosello (in loco et territorio de Bramoxello eum prato de Piazola, iacente ubi dicitur ad choanam), nel borgo di Olegio (intendi il Grande), e nei luoghi di Pombia , di Cressa e di Cavaglio.

3 Sortes proiectae, leggiamo ivi, de voluntate et concordia omnium predictorum et nemine discrepante, in burgo Palantie iuxta ecclesiam Sancti Leonardi in presentia dominorum presbiteri Guidoli de Rovegro prepositi ecclesiae Sancti Victoris de Intro, presbiteri Villani rectoris dicte ecclesie Sancti Leonardi et presbiteri Petri da Rovegro, Lambertini clerici fili Ioannis de Pichuris de Intro et Guilielmum Sancti Ambroxii de Suna. – Nella nostra carta invece di Rovegro sembra che in tutti due i luoghi sia scritto Ronegro: non conoscendo io alcuna terra di questo nome vi ho ritenuta la lezione che mi pare più certa.

4 Terre autem et possessiones et redditus earum de Pombia et Cressia et de Cavalio episcopatus Novarie et domus Castri sancti Angelli (sic), et domus, terre et possessiones sancti Romerii inter eos permanserunt comunes.

5 Ecco l`intero brano accennato che si legge alla pag. 157. Promontorium quoddam hic efficitur in lacum, ex colle S. Remigii ita ab eius ecclesia appellato, cui colli vicus subiacet. Prope hanc ripam est quarta insula, quae Sancti Angeli dicitur, ubi vetus ecclesia eiusdem nominis, cum aedibus adiunctis. Fuere olim in ea ecclesia Canonici, uti ex INSTRUMENTO quodam didici anni 1341, in quo divisio bonorum inter canonicos tres continetur; ibique videtur fuisse ecclesia parochialis. Nunc autem parochialis eleganti opere in continente edificata est S. Leonardi nomine: nosque, postulante populo, canonicatus, qui in simplicia beneficia evaserant, restituimus, seu instituimus: numerum auximus: praepositum fecimus: canonicarum precum usum constituimus, pluribus animarum curationi praefectis ministris; actu autem auctoritate Apostolica, quatenus opus esset, confirmando.

6 Che la pluralità de` benefizii incominciasse in questi tempi a divenire di moda, e molto più innanzi, è cosa d`altra parte conosciutissima. Per non uscire dal caso nostro troviamo in una carta del 1404 presso il Morbio (Storia di Novara, saggio l, pag. 97), che un certo Michelino degli Zaffari era arcidiacono di Novara, e insieme canonico dei SS. Gervasio e Protasio di Baveno e provveduto ad un tempo di un chiericato di S. Angelo di Pallanza. Similmente in altra del 1470 trovo che un certo prete Romerio de Crivillis (sic) era canonico dei SS. Gervasio e Protasio di Baveno e in pari tempo canonico di S. Angelo. In una carta finalmente dell`anno 1602 trovo farsi ancora menzione dei tre chiericati detti di S. Angelo, posseduti allora da Franco Bianchetti, Giacomo Cadolino e da Cristoforo Grasetti.

7 Questa data risulta dalla copia del decreto di ripristinazione della insigne Collegiata di S. Leonardo di Pallanza del 19 aprile 1822 fatto dal cardinale Morozzo, e nel quale sono contenuti gli statuti e ordinamenti fatti dal medesimo pel detto Capitolo. Ho poi sotto occhio anche la copia antica delle costituzioni di essa collegiata fatte dal Ven. Bescapè, comunicatemi dallo stesso Can. Guglielmazzi.

8 Gioverà riferire anche questo brano nella sua integrità. Scrive egli alla pag. 159 e 160: Inter alios iamdiu erectus est parochialis titulus in ecclesia Sancte Mariae, quae de agro dicitur, in planitie, quae est inter lntrum et Pallantiam, cui Sunae et eius quae villa Pallantiae dicitur, populi, licet paulum ab ea et inter se distantes, subditi sunt; cum tamen suas populi etiam in villis habeant ecclesias seu oratoria. Erexit autem titulum S. Mariae Guillelmus episcopus, saepe mihi honoris et reverentiae causa nominandus, anno domini 1346. Haec, quemadmodum alibi aliae quaedam ecclesiae, quae in campis sunt, scorsim a pagis, de egro dicta est pro de agro, mutato a in e, pro consuetudine vernaculae pronunciationis. Haec item B. Virginis auxiliis ita ab annis fere triginta celebrata est, ut frequenter etiam e longinquis locis magnus fidelium numerus conveniat, multaque offerat, ex quibus fabrica cultuque insignis basilica facta est.

9 Nel nostro documento è chiamato fiume di Pallanza (flumen Palantiae), perché allora non era stata ancora edificata la chiesa di S. Bernardino, dalla quale prese poscia il suo nome.

10 È il medesimo che consacrò l`antica chiesa plebana di Baveno l`anno stesso della sua creazione, che fu il 1343, come si ha dall`iscrizione, che si legge ancora nella detta chiesa.

11 Questo decreto di erezione esiste tuttora nell`Archivio della cattedrale di Novara. È un prezioso documento che ci mostra altresì come intorno a questi tempi Pallanza col suo territorio, quanto alla cura spirituale, dipendesse da Intra, e serve a spiegare, perché posteriormente nella costituzione dei Vicariati ordinata dal Bescapè sia stata levata da Intra e assoggettata al vicariato di Baveno. Di fatto negli Scritti pubblicati da lui, durante il suo pontificato, e raccolti in un solo volume stampato in Novara nel 1609, troviamo alla pag. 562 sotto il vicariato d`Intra registrata anche Pallanza coll’avvertenza: Palantia, quae tamen congregationi Baveni NUNC adscribitur, e sotto quello di Baveno similmente si dichiari ascritta ad esso anche Pallanza colle parole: Palantia quoque NUNC adnumeratur. Si vegga anche la sua Novaria alla pag. 37, dove egli stesso racconta di avere distribuita e ordinata la sua diocesi in vicariati, o terminazioni, come anco li chiama.

12 Una copia fedele della fondazione dell`entrata del curato di Suna, fatta il 10 novembre 1606, esiste tuttora nell`Archivio capitolare summentovato di Novara.

13 Così continuarono le cose regolarmente sino all`anno 1822, nel quale il card. Morozzo, vescovo di Novara, con decreto dell`11 maggio assegnava alla popolazione di villa di Pallanza la Chiesa di S. Stefano per parrocchiale, e a quella di Suna la Chiesa di S. Lucia da ampliarsi, e ordinava intanto la continuazione della cura pastorale alla Madonna di Campagna per otto anni. Niuna di queste due Chiese è ricordata nel nostro documento, il quale in vece accenna incidentemente all` esistenza in Suna di una chiesa dedicata a S. Ambrogio. Non è però a dubitare della loro antichità, se vengono tacitamente indicate dallo stesso Bescapè nel brano riferito di sopra. Quanto alla chiesa di S. Stefano nella Villa di Pallanza trovo che sino dal 1573 essa era amministrata da una Confraternita detta del Rosario. Nel 1688 poi trovo egualmente che un certo Baldassare Sciala nativo di Pallanza vi eresse un benefìzio, e che doni preziosi pure le fece un tal Francesco Brizio pure di Pallanza, che esercitava l`arte dell`argentiere in Roma.

14 Così narra il P. Innocenzo Chiesa nella Vita del ven. Carlo Bascapè, Milano, 1838 nel Vol. Il, pag. 24. Il vescovo poi Ignazio Sanseverino unì il Seminario quivi fondato alla Congregazione degli Oblati dei SS. Gaudenzio e Carlo di Novara l’anno 1733.

15 Non voglio tuttavia lasciar di avvertire la distinzione che si fa in questo documento fra la via pubblica e la via carrerecia e l`uso della voce remitulus per significare un piccolo sentiero (de remituto veniente de borgo de Palantia ad burgum Intri), se pure non sia corruzzione di semitulus da semita. Noterò inoltre la via de Barazia, il Rialis de Borrio, il Castellone in luogo di Castello (forse il Castello dei Barbavara), In punta di Castagnola chiamata pongia Castignole, osservando ad un tempo che le voci carrerecia, remitulus (e dicasi lo stesso del semitulus), barazia, castellone, e pongia mancano al Glossario del Ducange dell`edizione dell`Henschell.




Accedere qui al quadro generale dei volumi dell`opera devitiana Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee..., Alberghetti, Prato 1875-1880



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Autore:
   [Vincenzo De Vit]
A Cura di:
   [Carlo Alessandro Pisoni]

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Biografia Carlo Alessandro Pisoni

Carlo Alessandro Pisoni (Luino, 1962 - Varese, 2021). Seguendo le orme del padre Pier Giacomo, dal 1991 al 2017 è stato conservatore, per gentile concessione dei principi Borromeo, dell'Archivio Borromeo dell'Isola Bella. Appassionato studioso e ricercatore, ha sempre voluto mettere a disposizione degli altri conoscenze e scoperte, togliendo la polvere dai fatti che riguardano Lago Maggiore e dintorni; insieme a studiosi e amici, ha riportato alla luce tradizioni, eventi e personaggi passati dal lago, condividendoli con la sua gente.

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