CAP. .XL.
Parco di Pavia.
Galeazzo Visconti Vicario Imperiale morto l’anno 1378 ebbe in sua vita la bella idea di far cingere di muraglia vicino a Pavia per lo spazio di più miglia un Parco accomodato ad ogni sorte di caccia, che si conservò ne’ i Duchi fuccessori fino all`anno 1525. Nel qual tempo il Duca Francesco Sforza Secondo cominciò, e continuò fin` all`anno 1533, ad alienar quei beni, assignandone parte a cinque Cappellanie Ducali, quali eresse in diverse Chiese di Pavia, parte tanto alli Preposto, e Canonici di Santa Maria in Pertica di detta Città, quanto ai Beneficiati Corali di Santa Maria della Scala di Milano; altra parte ne donò ad alcuni particolari col successivo dominio ne` loro maschj, li quali essendo poi mancati, sono quei Beni ritornati alla Camera, a riserva di pertiche 2625, che ancora possiedono li Marchesi Del Maino. Di tempo in tempo furono poscia vendute altre parti de` medesimi Beni, senz’alcun patto di redimerli.
Vi restorno circa pertiche 1150, divise in quattro boschi sempre posseduti dalla Camera Ducale, ed un Palazzo con alcune Case, e Beni goduti dal Capitano eletto alla custodia di questo Parco.
Nell`anno 1575 la Maestà del Re Filippo Secondo comandò, che precedente la stima di questi boschi, si esponessero le cedole per venderli, come così seguì, ma non fu trovato alcuno compratore. Parimenti nel 1619 il Magistrato consultò al Governatore, che sarebbe stato di maggior utile il venderli, poiche col frutto, che si sarìa ricavato dal prezzo, si farebbe potuto comodamente compensare la quantità del legname, che nelle occorrenze fosse stato di bisogno per servigio dell`artiglieria; rispose il Governatore, che preceduta la visita, e stima (come seguì) si esponessero le cedole per la vendita; comparve oblatore esibendo comprarli per prezzo di lir. 86.m. con condizione, tra l`altre, che detti beni se gli avessero a dare esenti da ogni sorte di dazio per rispetto delli loro frutti, e che se gli avessero a vendere seicento migliaia di pietre della muraglia di detto Parco per lo prezzo, che fossero state stimate a fine di fabbricare una Casa da nobile, ed un` altra da massaro.
Comunicata quest`oblazione al Governo, incaricò al Magistrato di procurare dall`oblatore l`accrescimento d`altre lir. 12m.; ma quelli protestando di non volere accrescere di più, furono nuovamente esposte le cedole per invitare altri, ma senza effetto.
L`anno 1650 riconoscendo il Magistrato esservi in detti boschi al numero di mille Piante di rovere sol buone per abbrugiarsi; e che la muraglia del recinto di detto Parco in parte era diroccata, ed in parte andava diroccando, perdendoli in danno della Camera quelle pietre, fece con approvazione del Governo esporre le cedole per la vendita si delle Piante, come delle mura; si vendettero le Piante con qualche parte delle pietre, come successivamente diroccandone si sono vendute, e donate per elemosina alle Chiese, e Conventi de` Frati Mendicanti, non restandovi al presente, che alcune poche vestigia di mura, come pure quasi spogliati li boschi d`alberi grossi, tagliati per servìgio dell`Artiglieria, e delle fortificazioni di Pavia.
L`anno 1690 furono di nuovo esposte le cedole per vendere detti boschi con li beni goduti dal Capitano, riservato però l`usufrutto vita sua durante, e parimenti le pietre del restante recinto di detto Parco, ma non comparve oblatore alcuno.
Per la custodia di quello Parco da` Principi dominanti fu deputato un Capitano, ed essendo l`anno 1602 morto Sforza Foncho [= Fonchi, famiglia notabile pavese] fece il Magistrato la nomina di tre soggetti per un successore, frattanto che da Sua Maestà altro fosse deputato, e lo consultò nella forma seguente:
A SUA ECCELLENZA.
Sendo stato dal Sig. Duca di Milano Francesco Secondo concesso al q. Cristofforo Foncho l`officio del Capitano del Parco di Pavia, et per via di rinoncia conferto poi per la Maestà Cesarea a Sforza Foncho figlio di detto Cristofforo, ultimamente per morte di detto Sforza feguita a` giorni passati si trova vacante il detto officio, qual concerne la cura dell’amministrazione de` beni di detto Parco, et de` boschi della Camera, che sono in esso con amministrar` anco giustizia agli habitanti in quello, di che habbiamo voluto dar ragguaglio a V.E., acciò possa (sendo così servita) deputar persona per modo di provisione a quest’officio, et noi conforme agli ordini di S.M. non restaremo di proporli, e nominarli persone, che a ciò ne pajono a proposito, non tanto per l’elezione in modo di provisione, com` anche per rappresentarli a S.M. per la nuova deputazione, quali sono:
Il Dottor Tiberio Foncho figlio di detto Sforza persona di buone qualità, et d`esperienza, quale per vecchiezza del padre amministrava detto officio con molta cura, e diligenza, e perciò per la servitù dell’avo, e del padre, benemerito.
Gio. Paolo Ferrari, e
Gulielmo Belingerio habitanti in Pavia.
Dicemo anche a V.E., che ne parebbe bene di rappresentare a S.M, stando che tutti li beni d`esso Parco sono alienati, e la Camera non ci possiede altro, che alcuni boschi, acciò annichilasse detto officio, e la Camera disponesse di quei beni, che per causa di quello il Foncho possedeva, che sono pertiche 200 di terra in circa con un molino, ed uno Pallatio di qualche valore, e che S.M. per la servitù di detti Fonchi morti conceda qualche ricompensa al detto Dottor Tiberio, il che vogliamo solo haver` accennato a V.E., al cui infallibile giudicio rimettendoci li baciamo con humiltà le mani, et li preghiamo dal Cielo ogni felicità; 13. Febraro 1602.
Signat. etc.,
Provistosi da S.M. quest’Ufficio nella persona di Alfonso Casati questore del Magistrato, e suo Ministro alla Republica de` Signori Svizzeri, e Grigioni ha sempre continuato ne` suoi discendenti per Privilegi Reali concessi di tempo in tempo; essendo successo l`anno 1681 il Conte Carlo, e pretendendo il Fisco, che nell`atto del possesso se gli desse la consegna di detti beni, e boschi, contestatosi la lite fece il Magistrato la Sentenza seguente.
1690. 27. Julii.
Relatis dictum fuit teneri dictum Com. Casantum modernum Capitaneum, et custodem Regiae Silvae, possessionem, et consignationem realem, et actualem illius, nec non bonorum, et jurium officio praedicto annexorum, et per antecedentes Capitaneos gavisorum recipere ad normam Regii diplomatis, et juxta iteratum Fisci votum, non obslantibus ex adverso deductis; idque praevia mensuratione, et descriptione, ex qua ubi major bonorum quantitas, quam concessa a Sua Majestate, et ut supra, gavisa comperiatur habita relatione providebitur prout juris, et ad praemissa sic ut supra adimplenda accedere debere Spect. Provincialem Guidobonum jam plene edoctum.
In reliquis concernentibus consignationem, et numerationem arborum, ac aliis relevatis per Fiscum in binis votis, et modo per eundem Comitem supplicatis, dictum pariter fuit sine praejudicio jurium Regii Fisci ex jam facta arborum consignatione locumtenenti dicti Capitanei acquisitorum, edendam eidem supplicanti copiam scripturarum requisitarum cum termino mensis ad supplicatum effectum.
Signat etc.
Questa Sentenza non fu eseguita, atteso li decreti concessi da` Governatori, come risulta dalla Consulta del Magistrato fatta al Governo l`anno 1692.
A S.E.
Eseguendo con la distinzione prescrittaci il contenuto nel decreto di V.E. de` 14. corrente dell`ingiunto Tenore.
1692. 14 Aprile.
Richiedendo S.M. notizia individuale de` beni stabili che per eredità, e mercede particolare della Maestà Sua gode il Capitano del Parco di Pavia con tutto quel di più, che puol’ essere concernente allo stato presente degli effetti sudetti.
Ordina perciò S.E. al Magistrato Straordinario, che informi distintamente in che consiste la mentovata mercede del Capitano del Parco di Pavia, e se ad essa corrisponde il presentaneo godimento, in cui si mantiene esso Capitano, ed in che ecceda, e da quant` anni in qua, esprimendo pure l`utile, che ne ricava la real` hazienda nella manutenzione del detto Parco, e che sorte di convenienza si potrà conseguire vendendoli liberamente.
Subs. Gorranus.
E cominciando dal primo capo, in che consista la mercede del capitano del Parco di Pavia, dobbiamo premettere alla notizia di V.E. la quidità d’esso Parco, perché da quella ne risulti più al chiaro la qualità della mercede del Capitano.
Questo Parco dunque fu già un fondo patrimoniale de` Signori Duchi di Milano consistente in quantità de beni arativi, prativi, boschi, case, ed altri edificii, tutto cinto (per quanto ne mostrano ancora le vestigia) di muraglia, che con grande circuito il comprendeva; Si ridusse poscia col tratto del tempo per le donazioni fattene a diverse persone della maggior parte de` beni dall’anno 1533 addietro da` Signori Duchi medemi, questo fondo patrimoniale alli soli boschi, il Palazzo in esso Parco situato, un molino, ed altri edificii, onde si ritrova, che, già del tempo del Sig. Duca Francesco Secondo restò deputato alla custodia di quell’avanzo de` boschi con titolo di Capitano del Parco un Cristofforo Fonghi, e dopo d`esso per Privilegio di S.M. Cesarea il figlio Sforza Fongho, come si ricava da una consulta originale fatta da quello Magistrato al Sig. Governatore di quel tempo, nella quale li vede enunciato, che il detto Fongho teneva per mercede della detta custodia l’habitazione del Palazzo sudetto, il godimento del molino, e 200. pertiche di terra in circa, e come meglio potrà V.E. servirsi far riconoscere dalla detta consulta fatta dal Tribunale nostro l`anno 1602. per la provisional deputazione d`altro Custode, o Capitano per la morte di detto Sforza Fongho, che rimettiamo per copia.
Per la qual vacanza fu servita S.M. l`anno 1604. con suo Privilegio d`appoggiar la carica di detta Custodia, o Capitaniato ad Alfonso Casati, prescrivendo che per mercede di quella dovesse godere quelli emolumenti, ed utili già da detto Fongho suo precessore goduti, e con questa e prescrizione relativa al godimento degli antecessori ne replicò la M.S. di grado in grado a` discendenti di detto Alfonso, e per ultimo al Conte Carlo presentaneo la medema deputazione.
Vede dunque l`E.V. lo stato del Parco, e ciò che resta assegnato per mercede al detto Capitano, o sia custode.
Passiamo hora al secondo punto circa il presentaneo godimento, in cui si mantiene esso Capitano, ed in che ecceda il presentaneo godimento.
Intorno a questo diciamo a V.E., che havendo il Magistrato havuto qualche notizia di che il presentaneo Capitano goda maggior perticato di quello godevano li detti Fonghi ordinò perciò che si dovesse far la consegna al detto Capitano di tutto il bosco, e che di più si facesse la misura di tutto il perticato goduto come sopra, e come dal detto ordine magistrale, che per copia va ingiunto.
E se sin` ora non si è fatta la detta misura ciò è proceduto atteso diversi ricorsi fatti dal Capitano presentaneo, e soprasedenze da esso riportate da V.E., e suoi Signori antecessori.
Fatta che sarà quella misura potrà poi l’E.V. comprendere ciò, che può essersi accresciuto a’ Custodi sudetti rispetto il perticato, ritrovandosi anche, che si sia aggiunta col beneficio del tempo al loro usufrutto la ragione di tre osterie nel detto Parco, che nella mercede de` Fonghi non si ritrovavano nominate.
Il tempo poi in che habbi principiato il supposto accrescimento di godimento, che devesi ricavare coll`accennata misura rispetto alle pertiche di terra nol potiamo significare a V.E., perché non habbiamo havuto notizia, se non che da pochi anni in qua; rispetto poi alle osterie ricaviamo da relazioni fatte dagli antecessori in detto officio essere cominciate già dall’anno 1618 rispetto all`una, chiamata Mirabello, rispetto alle altre due verso l`anno 1632, come dalla relazione fatta al Magistrato di quel tempo dal luogotenente di detto Capitano con una fede unitamente transmessa.
In quanto poi all`utile, che ne ricava la Real` hazienda da detto Parco ridotto a` soli boschi per saperne la tenuità basta a dire a V.E., che consisteva altra volte in valersi di quelle piante secondo al bisogno per le remonte dell`artiglieria, atrezzi militari, riparazioni del Ticino, ed altre cose del servizio, e beneficio della Regia Camera; e che di presente quello profitto non si potrà per molti anni sperare, ritrovandosi per le replicate jussioni seguite ne` Governi passati, e nel presente di V.E. per via del Magistrato Ordinario poco meno che spogliati di piante detti boschi, oltre di che quel vantaggio, che nell`uso di quelli ne sente la Mensa resta compensato dalli considerabili dispendij, che per altra parte della Camera si fanno nelle visite, ed assistenze d`Ingegneri al taglio di esse piante oltre le spese delle riparazioni, e manutenzioni di quei edificij pretese dal Capitano.
Da quello ne viene in conseguenza l`ultimo punto della convenienza, che se ne conseguirà nella libera vendita, che già fu proposta dell`anno 1575, e determinata per ordine di S.M., e de` Signori Governatori, sendosi esposte le cedole del 1619. a tal` effetto, ed offerta del 1620. per li soli boschi all’ora foltissimi d`arbori la somma di lir. 86m., alla quale aggiungendovi il valore del Palagio, molino, edificij, ragioni d`osteria con ciò risultarà dalla desiderata misura, la quale seguendo, e sentito l`Ingegnere Camerale con la di lui distinta relazione, e respettiva stima potremo accertartamente ragguagliare l`E.V. della convenienza, che nella vendita libera si potrà sperare anco di detti boschi, essendo presentemente con la mutazione de` tempi, e scarsezza d’arbori in essi esistente in stato molto differente dall`anno 1620., aggiungendo alla notizia di V.E., come furono per detta vendita totale d`ordine del S. Governatore antecessore l`anno antepaffato publicate le Gride.
Che è quanto per evacuazione di detto decreto potiamo ragguagliare V.E., alla quale facciamo divotissima riverenza, 20. Aprile 1692.
Signat. etc.
A questi beni del Parco serve l`acqua della Carona Reggia Ducale, che non ha origine propria, ma vien formata con la derivazione di diversi altri fiumicelli, o siano roggie del Cazano, Cazanello, Rizzolo, Mischia, e Barona, li quali in vicinanza di Binasco si uniscono nel Ticinello, e da quello scorrono per lo cavo della Carona al servigio de` beni di detto Parco, e di diversi particolari, ed al Molino, e beni goduti dal Capitano.
Servono ancora le acque agli Utenti delle bocche, che sono sopra detta Carona per concessione fattali da` medesimi Duchi con la dichiarazione, che non potesse mai qualsisia concessione pregiudicare al bisogno del Parco, sopra quali bocche dovessero mettersi gl’incastri con chiavi da consegnarsi al camparo a quest’effetto deputato, accioché la distribuzione delle acque si facesse senza fraude, né pregiudicio del Parco.
Ebbe sin da principio il Magistrato la cura, e sovrintendenza di detti beni, ed acque della Carona, e tralasciando l’infinità degli Editti, Gride, e Decreti fatti in questo particolare ne’ secoli passati, bastarà vedere le gride publicate negli anni 1638, 39, 50 e 60, e le visite fatte di queste bocche in tutti i tempi, e principalmente negli anni 1639 e 1644.
Bocche della Carona
B. Beretta
B. Dugnana
B. del Tenchio
B. di Birolo
B. di Turate
B. di Taropio
B. di Gualdrasco
B. di Settimo
B. di S. Colombanino
B. di Villareggio
B. di Novedo
B. della Torre del Gallo
B. di Cantogno
Beni della Torretta
Beni del Capitano del Parco
Suole il Magistrato ogni anno far levar l’acqua di detta Carona, ed obligare gli utenti alle riparazioni, e spazzature necessarie intorno alle bocche, argini, e cavo di detta Roggia.