STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Elenchi di funzionari e cariche pubbliche in «CANNOBIO»

Denominazione:
Cannobio
Breve Abstract:
Informazione Istorica del Borgo..., parte I - Nota dell`Editore
Abstract:

NOTA DELL’EDITORE

 

Nacque Gio. Francesco del Sasso, volgarmente detto Carmino, in Milano nella Contrada appellata Dei Ratti, appresso la Piazza de’ Mercanti, anno della nostra salute 1568 nel mese di Giugno, e fu battezzato nella chiesa parrocchiale di San Michele al Gallo.[1] Suo padre chiamavasi per nome Agostino Carmino, nativo del Borgo di Cannobio, sopra il Lago Maggiore, e mercante ricco ed onorato, il quale ancorche poco dimorasse in Milano, essendo per occasione della mercanzia quasi sempre in viaggio, e andando, ora in Piemonte, ora a Lione di Francia, ora nel Vallese, ora in Alamagna, ed ora a Vinetia e ad altre Cittadi e luoghi d’Italia, nondimeno manteneva la sua famiglia in essa Città di Milano, lasciandone la cura ad un suo fratello nominato Antonio, quivi del continuo residente. La madre aveva nome Caterina de’ Biancardi[2] Milanese, donna non men pia e divota che accorta ed industriosa, la quale in assenza del marito non mancava di allevare li suoi figliuoli con ogni cura e diligenza nei buoni costumi e massimamente nel timore di Dio. Così comincia una Biografia dell’autore della Informazione Istorica del Borgo di Cannobio e delle famiglie di esso Borgo, premessa alla più antica delle copie manoscritte di questa operetta (rimasta finora inedita) presentemente esistenti, la quale, chiusa in una rilegatura evidentemente antica, si trova nella Biblioteca Molli di Borgomanero.

Dal seguito della stessa si rileva che, scoppiata la peste a Milano nel 1576, Agostino Carmino condusse tutta la famiglia a Cannobio, dove Gio. Francesco andò alla scuola del maestro Bartolomeo Luvato, finché ne1 1581, cessata la pestilenza in Milano, fu dal padre, che allora con tutta la famiglia trattenevasi in Cannobio, mandato a Milano, perche quivi meglio attendesse alle lettere, presso lo zio Antonio Carmino, di sopra nominato. Studiò poco meno di tre anni alla scuola del maestro Stefano de’ Bernardi, piemontese, avendo fatto grandissimo profitto, non solamente nelle lettere umane, ma anco nella Retorica e Dialettica, talmente ch’era abile ad andare in studio pubblico, e darsi a qualsivoglia degna professione.

Ma avendo egli animo a cose grandi e di fare cioè maggior profitto nelle lettere al principio di Novembre 1583 si trasferi alle scuole di Brera dei Padri Gesuiti, dove studiò Retorica per due anni, e poi Logica e Filosofia per altri tre anni, e infine fu dal padre mandato a Pavia al principio di Novembre 1588 per studiare Medicina. Ma, dopo pochi mesi, lasciato questo studio, si dedicò a quello delle Leggi, frequentando le letture dei professori Costa, Menocchio, Gualla, Riva e Sforza Oddo, finché il 6 Agosto 1594 si dottorò nell’una e nell’altra legge; e in seguito si trasferì a Milano dove si mise a consultare e fare avvocato.

Nel mese di Marzo del 1596 dovette trasferirsi a Torino, e nel seguente anno 1597 fu chiamato nello Studio di questa Città come professore e per leggere ed interpretare pubblicamente la Rubrica delle Pandette ovver Digesti; e cosi continuò, salvo una interruzione cagionata dalla peste che aveva colpita la Città di Torino, fino a tutto anno 1601, nel quale però dovette sospendere insegnamento per quasi tutto il mese di Maggio per una disgrazia, che biografo narra nei seguenti termini:

Ritrovandosi esso Gio. Francesco un giorno di domenica, che fu a’ sei del detto mese di Maggio dell’anno 1601 circa ora del vespro nella camera del suo studio, dove stava passeggiando con uscio chiuso per la pioggia che, mescolata con grandine, cominciava dal cielo cadere con molta furia, fu la casa nella quale abitava dal fulmine percossa, per per lo che il Sasso restò subito, nel medesimo istante che la casa fu tocca dal fulmine, privo di tutti li sentimenti, e come morto cadde in terra dalla parte sinistra, per la quale caduta rimase ferito malamente sopra il ciglio dell’occhio sinistro, e giacque in terra cosi tramortito poco meno d’un quarto d’ora, avanti che akuno di quei di casa di ciò si accorgesse; i quali poi, entrati nella camera con rompere uscio, e vedendo il Sasso disteso in terra con la faccia tutta insanguinata per la gran copia di sangue uscito dal naso, dalla bocca e dalla ferita sopra il ciglio dell’occhio sinistro, benché alla prima lo tenessero per morto e trattassero di farlo seppellire, nondimeno, accortisi poi ch’egli era ancor vivo, lo levarono di terra e portarono sul letto in un’altra camera contigua ove dormir soleva, e con diversi rimedi lo fecero finalmente rivenire e ricuperare li perduti sentimenti; essendovi accorso gran numero di persone, tra quali erano alcuni Medici, che lo fecero subito salassare nel braccio sinistro e di più lo purgarono con siroppi e medicine, per la qual cosa se ne stette a letto circa venti giorni. Ed avvegnaché restasse con una picciola macchia ovver segno nell’occhio sinistro, di modo che la vista rimaneva alquanto debole ed oscura, non perciò lasciò di proseguire la lettura fino al fine degli studi di quell’anno.

Ma durante le vacanze passate a Cannobio la di lui vista cominciò ad ingrossarsi ed oscurarsi, ed andò ogni di peggiorando, talmente che ben poco veder potea. Laonde, ritornato a Milano, fece far collegio da i più famosi ed eccellenti Medici di quella Città, i quali dopo di averlo purgato con siroppi e medicine, gli fecero pertugiare la coppa e mettergli un lascitiolo ovver bindello per tenere il pertugio aperto, affinché per quello uscissero fuori gli untori ascendenti agli occhi, per lo che la vista cominciò a rischiararsi alquanto.

Ritornato a Torino alla fine di Ottobre, la sua vista peggiorò nuovamente, cosiche dovette rinunciare all’insegnanzento e ritornarsene a Milano, dove rimase lungamente in cura, anche perche gli venne scoperto il principio di una cataratta, la quale, essendo poi maturata, gli venne levata il giorno 18 Ottobre 1607.

Ora, quantunque egli avesse la vista assai debole ed oscura, non lasciava però di leggere, studiare e scrivere alla meglio, per cui, usando occhiali grossi ed acuti, ed essendo in tale stato, se ne stava tuttavia in Milano, tenendo la sua casetta ben fornita ed addobbata con una buona libreria, e servendo principalmente all’Illustr. Sig. Conte Giorgio Trivulzio, Cavaliere e Senatore di Milano, per suo avvocato ed auditore generale, con onesto stipendio annuale, a cui servì poco meno di 12 anni, dal mese di Aprile 1605 fino al mese d’ Ottobre del 1616, che poi ritirossi a Cannobio, vivendo insieme col Capitano Gio. Antonio Carmino, suo fratello,[3] ed attendendo alli suoi studi.

Nell’anno 1618 fu eletto Podestà di Castelnuovo di Scrivia, ma dopo sei mesi dovette lasciare il posto per ragioni di salute. Sulla fine del 1619 andò per Sindacatore a Luino; nel 1622 e 1623 fu Podesta d’Intra sotto il conte Giulio Cesare Borromeo; e, dopo alcuni anni passati a Cannobio, attendendo alli suoi studi, fu dall’ill.mo ed ecc.mo Sig. Don Gonzalo Fernandez de Cordova, Governatore dello Stato di Milano, eletto e diputato Podestà di Pontecurono, terra al là del Po, allora immediatamente sottoposta alla Reg. Duc. Camera di Milano, per gli anni 1628 e 1629, nel quale officio portossi onoratamente come al solito.

La biografia - che nel volume del Codice Molli si trova rilegata con diverse pagine fuori di posto, in modo che poterono sfuggire a taluni studiosi che ebbero sott’occhio Codice stesso - si arresta a questo punto, cosiché [sic] mancano notizie per gli anni successivi fino a quello della morte avvenuta, come si vedrà più avanti, nel 1636; ma quelle che ci offre per gli anni precedenti non possono non essere ritenute autentiche, perché essa appare scritta dallo stesso amanuense che copiò il testo della Informazione Istorica, nel quale si leggono correzioni ed aggiunte che si possono ritenere scritte dall’autore. La biografia deve dunque essere stata scritta molto probabilmente durante la vita del Sasso Carmine, ed ë forse per ciò che non arriva agli ultimi suoi anni.

Risulta quindi inesatta la notizia data dall’Argelati nella sua Biblioteca [sic] Scriptorum Mediolanensium, e riportata poi da altri scrittori, che Giovanni Francesco Sasso Carmine sia diventato cieco in conseguenza della disgrazia del fulmine sopra accennata. Inesatta è parimenti altra affermazione dell’Argelati che la Informazione Istorica sia stata scritta nell’anno 1600, perché nel Capo XV della Parte Ia [sic] e nel Capo XVII della Parte IIa [sic] vi si leggono rispettivamente notizie di fatti avvenuti nell’anno 1608 e nell’anno 1616.

Esiste poi un’altra copia indubbiamente antica della Informazione Istorica, posseduta dal signor avvocato Fortunato Reschigna di Cannobio, la quale in diversi punti appare scritta dallo stesso copista del Codice Molli, e con questo presenta anche identità di rilegatura; vi si trovano più numerose correzioni ed aggiunte, talune delle quali si possono esse pure ritenere fondatamente scritte dall’autore stesso, sehbene abbiano talvolta la forrna piuttosto di appunti che non dell’espressione definitiva del suo pensiero, e vi si leggono notizie di avvenimenti, di data posteriore alle suddette, che arrivano fino al 1633.

Da un accurato esame comparativo dei due Codici messi cortesemente a disposizione dell’editore di questa pubblicazione dai rispettivi proprietari signori ingegnere Stefano Molli e avvocato Fortunato Reschigna, ai quali esso porge anche qui l’attestazione della sua gratitudine, risulta che nel Codice Molli l’autore accenna in diversi punti di averlo scritto a Milano, mentre eguale accenno manca nei punti corrispondenti del Codice Reschigna. Si può quindi ritenere che il primo sia stato scritto in forma completa nel tempo della lunga dimora del Sasso Carmine a Milano durata dal 1601 al 1616, e che il secondo sia il frutto di ulteriori studi intrapresi ma non ultimati negli anni successivi. In base a questa ipotesi si è giudicato opportuno di tener conto nella presente edizione dell’uno e dell’altro codice, a seconda delle circostanze, eliminando anche qua e là alcuni dettagli, che, per la lontananza del tempo nel quale furono scritti, sarebbero trovati oggi di troppo scarso interesse.

Giovanni Francesco Sasso Carmine aveva preparata l’iscrizione per il sepolcro che si era fatto apparecchiare nell’antica chiesa di S. Vittore di Cannobio, la quale, trascritta dall’Argelati dalle schede del Valerio nell’Archivio Imperiale di S. Ambrogio di Milano, era cosi concepita:[4]

D. O. M.

JO. FRANCISCUS SAXUS CARMENUS I. C.

MEDIOLANENSIS

QUI DUM IN TAURINENSI GYMNASIO

IUS CIVILE SUMMA CUM LAUDE PROFITERETUR

ADITUMQUE SIBI AD EXIMIOS HONORES

APERIRET

DE COELO TACTUS

UNO ET EODEM TEMPORE

VITAM ET MORTEM EXPERTUS EST

VITAE RESTITUTUS

OCULORUM ACIE DESTITUTUS

PROFITENDI MUNUS OMISIT

FULMEN MORTIS INEVITABILE

PRAE OCULIS HABENS

HOC SEPULCHRUM VIVENS

SEXAGENARIO MINOR

SIBI P.

L’iscrizione posta poi effettivamente dopo la sua morte sul sepolcro, modificata e compiuta dal fratello Giovanni Antonio, è del seguente tenore:

D. O. M.

IO. FRANC1SCUS SAXUS CARMENUS

IURIS CONSULTUS

QUI DUM 1N TAURINI GYMNASIO IUS CAES

MAGNA CUM LAUDE PROFITERETUR

ADITUNQUE SIBI AD EXIMIOS HONORES

APERIRET

DE COELO TACTUS DIU INTER MORTUOS

IACUIT

VITAE USU NON PRISTINO VISU RECEPTO

PROFITENDI MUNUS OMISIT

SEPULCHRUM HIC SIBI VIVENS ELEGIT

VIXIT ANNOS LXVIII OBIIT

MDCXXXVI DIE XVI AUGUSTI

PORTUM JAM TENEO SPES ET FORTUNA

VALETE

IO. ANTONIUS COHORTIS CANNOBINAE DUCTOR

FRATRI AMANTISSIMO ET SIBI POSUIT

ANNO SAL. HUMANAE MDCXXXVII.

La lapide recante questa iscrizione venne asportata dalla Chiesa di S. Vittore, quando, verso il 1730, la chiesa stessa fu ricostruita; nella seconda metà del secolo scorso essa si trovava infissa ad una parete della casa del benemerito maestro comunale signor Giovanni Carmine. Morto questi e passata la casa in proprietà di persone estranee alla famiglia, la lapide venne di nuovo rimossa dal suo posto e adoperata come materiale di fabbrica. Trovata fortunatamente ancora intatta, essa fu dall’editore di questa pubblicazione riscattata ed offerta al Comune di Cannobbio [sic], allo scopo di meglio assicurarne la conservazione in ogni futuro tempo, e fu volonterosamente e premurosarnente accettata dall’onorevole Sindaco, il predetto signor avvocato Fortunato Reschigna, per collocarla sotto al portico dell’antico Palazzo del Comune.

Ad integrare questa onoranza è diretta la presente pubblicazione, la quale potrà forse da taluno essere giudicata inopportuna, perché, come accadde ad altri cultori della Storia di dover modificare in età matura i propri lavori giovanili, cosi ë verosimile che anche il Sasso Carmine, se fosse nato trecento anni più tardi, avrebbe scritto il suo lavoro in modo diverso. Ma la narrazione dei fatti esposti in questa Informazione Istorica, ricavati dall’esame di documenti allora esistenti negli archivi e dopo andati in gran parte dispersi, rimane sempre utile e preziosa per gli studiosi, come fu riconosciuto dai numerosi autori, i quali durante i tre secoli passati ebbero campo di consultare, anche inedito, il coscienzioso lavoro di Gio. Francesco Sasso Carmino.[5]

La sua pubblicazione non riuscirà dunque gradita soltanto - come troppo modestamente suppone nel Proemio l’Autore - a quei che avranno desiderio di conoscere la nobiltà ed antichità del Borgo di Cannobio.

 



[1] La contrada dei ratti corrispondeva alla presente Via Cesare Cantù. La chiesa di San Michele al gallo sorgeva nella strada ancora oggi denominata Via del Gallo.

[2] Era figlia di Gio. Antonio Biancardo, del quale fr. Paolo Morigia nel lib. 5 della Nobiltà di Milano scrive che «fu il principale armarolo, non solo di Milano, ma anco della nostra Italia, et fu inventore di molti belli secreti in quella professione».

[3] Il capitano Gio. Antonio Carmino aveva servito il Re di Spagna nella guerra di Fiandra come Alfiere del Cavaliere Giulio Cesare Mainoldo, Cremonese.

[4] L’ipotesi della cecità è smentita anche da questa iscrizione, la quale accenna soltanto alla perduta acutezza della vista.

[5] Oltre alla già citata Biblioteca [sic, per Bibliotheca] Scriptorum Mediolanensium (Milano 1745) si riferiscono con parole di elogio alla Informazione Istorica del Sasso Carmine, l’Ateneo dei letterati milanesi del Piccinelli (Milano 1670), il P. Morigia nella sua Storia del Verbano, Lazaro Augustino Cotta nella Verbani lacus locorumque adiacentium chorograpica descriptio (Milano, 1699) e infine il dott. Vincenzo De-Vit nella poderosa opera Il Lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee, (Prato 1877) il quale scrive di non potere astenersi dal tributare un giusto encomio al giureconsulto Del Sasso Carmine, aggiungendo: «Se tutti i borghi cospicui del Lago Maggiore avessero avuto un uomo pari nella diligenza di raccogliere le patrie memorie, non saremmo ora costretti di lamentarne le tante volte la perdita».

A Cura di:
   [Gioacchino Civelli]

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Carlo Alessandro Pisoni (Luino, 1962 - Varese, 2021). Seguendo le orme del padre Pier Giacomo, dal 1991 al 2017 è stato conservatore, per gentile concessione dei principi Borromeo, dell'Archivio Borromeo dell'Isola Bella. Appassionato studioso e ricercatore, ha sempre voluto mettere a disposizione degli altri conoscenze e scoperte, togliendo la polvere dai fatti che riguardano Lago Maggiore e dintorni; insieme a studiosi e amici, ha riportato alla luce tradizioni, eventi e personaggi passati dal lago, condividendoli con la sua gente.

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