STRUMENTI CULTURALI
del Magazzeno Storico Verbanese
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Elenchi di funzionari e cariche pubbliche in «CANNOBIO»
CAPITOLO XIII.
DE` FRATELLI MAZZARDI OVVERO MAZZARDITI E DE` FATTI LORO.
Avanti che io entri nel ragionamento de` fratelli Mazzadri [sic], ovvero Mazzarditi, acciocché il tutto meglio s`intenda, è prima di sapere che morto, che fu il Duca Gio. Galeazzo Visconte Conte di Virtù, il quale morì l`anno 1402 e fu il primo Duca di Milano, gli successe nel Ducato Giò Maria suo figliuolo primogenito; sotto il cui impero lo Stato di Milano andò tutto sossopra, ribellandosi molte Città; fra le quali Como, nella quale Città alzarono il capo le due più chiare e potenti famiglie la Ruscona, cioè, e la Vitana contendendo tra di loro, con l`armi, del dominio e Signoria di essa Città, (nel che però prevalse la Ruscona come più potente), e perciò avevano e l`una e l`altra gran credito e traevano a sé non solamente tutte le altre famiglie Comasche; ma eziandio tutti i popoli circonvicini, e quasi tutte le Terre del Lago Maggiore, essendo anche la Ruscona Capo della Fazione Ghibellina, e la Vitana Capo della Guelfa. Conciò fosseché nel medesimo tempo rinovellaronsi più che mai non pure in Como ed in quei contorni, ma anco nelle parti del Lago Maggiore, anzi in tutta quasi la Lombardia le due sì contrarie e sì pestifere fazioni de` Guelfi e Ghibellini fra le quali commettevansi molti e molti amazzamenti [sic], saccheggiamenti ed abbrucciamenti di case ed infiniti altri mali. E nelle parti del Lago Maggiore, siccome anco nella città di Como e nelle terre e ville circonvicine, li Ghibellini aderivano ai Rusconi, ed i Guelfi ai Vitani; e si facevano sovente scorrerie per tutto il Lago Maggiore, ora da essi Rusconi, ed ora dai Vitani, con molto danno e grande uccisione dei loro contrari partegiani, e chiamavansi la guerra dei Rusconi e Vitani, ovvero Ghibellini e Guelfi.
Della fazione Guelfa in Cannobio erano principalmente i Mantelli nobile ed antica famiglia, i quali perciò aderivano ai Vitani, e con esse tenevano li Cervetti, li Zacchei ed alcune altre Casate d`esso Borgo e Pieve, e quasi tutta la Villa di Cinciago [sic, per Cinzago]. Dalla parte Ghibellina erano i Mazzironi, i Poscoloni, que` del Sasso, ora Carmini e quasi tutte le altre famiglie di Cannobio e della Pieve, le quali perciò inclinavano ai Rusconi. Ora mentre le cose dello Stato di Milano in quel misero ed infelice tempo erano ridotte al termine già narrato, ed in Cannobbio [sic] regnavano altresì le maledette parti de` Guelfi, e Ghibellini, erano in esso Borgo cinque Fratelli della famiglia dei Mazzadri, comunemente cognominati Mazzarditi, i nomi dei quali sono questi, cioè: Giovanolo, Beltramino, Simonello, Petrolo detto il Sinasso, ed Antonio cognominato il Carmagnola, avendo tal cognome da Francesco Carmagnola, Piemontese, famoso capitano di quei tempi, ed erano figliuoli d`un beccaio per nome chiamato Lanfranco Mazzardi della Villa di Ronco nella piaggia di Cannobio, il quale però stanziava in esso Borgo. Di questi fratelli addimandati Mazzarditi ne fanno menzione alcuni nobili Scrittori, e particolarmente Domenico Maccaneo nella Corografia del Lago Maggiore, da me però non ancor veduta, benché con molta diligenza ricercata, Gaudenzo Merula nel lib. 2 de Gallorum Cisalpin. antiquitate cap. 15, il P. Fra Leandro Alberti nella Descrizione d`Italia ed ultimamente il P. Fra Paolo Morigia nel Cap. 10 della sua Storia del Lago Maggiore.
Essendo adunque i già nominati fratelli molto arditi e valenti della persona, ed atti a commettere qualsivoglia sceleraggine, e per dire le loro qualità in una sola parola tanti diavoli: si diedero a seguitar con l`arme gli antidetti Rusconi di Como, contro i Vitani loro nemici capitali, commettendo sotto l`ombra, e scorta d` essi Rusconi molti Ladroneggi, omicidi, ed altri mali; indi a poco tempo, cioè l`anno 1403, e forse 1404, a richiesta e con intendimento, come si può credere di alcuni principali Cannobjni della fazione Ghibellina, con l`aiuto, e favore degli stessi Rusconi, de quali essi Mazzarditi erano seguaci, e d`altri loro amici e compagni di diversi luoghi, pur tutti dalla fazione Ruscona, entrarono di notte ostilmente nel Borgo di Cannobbio, e lo presero senza alcun contrasto; e non essendovi fortezza veruna, nella quale potessero nell’occorenza [sic] ritirarsi, perciocché il Castello che quivi era anticamente nel fine di esso Borgo verso tramontana, già buona pezza era stato rovinato e gettato a terra, fecero di subito accomodare per modo di provissione il fortissimo ed alto Campanile dell`istesso Borgo con contiguo il palazzo della ragione, a guisa d` una fortezza; ciò fatto si diedero a perseguitare con ogni sorta di crudeltà i Guelfi che nel detto Borgo e e Pieve di Cannobio si ritrovavano, ed in particolare i Mantelli quivi capi di tal fazione, saccheggiando, e rovinando, ed abbruciando le case loro, guastando le vigne col tagliare le viti, e molti di quelli ammazzando, ovvero facendo prigioni, ai quali poi incarcerati nell`anzidetto Campanile fecero fare dai loro seguaci, tra i quali erano alquanti dell`istesso Borgo e Pieve di Cannobbio tutti però di vil condizione, mille oltraggi, dar diversi tormenti, ed a parecchi la morte ancora in varie guisa. Onde molti de` suddetti Mantelli e de` loro amici ed aderenti per paura di essi Mazzarditi segretamente fuggirono colle famiglie loro da Cannobio e dalla sua Pieve lasciando in preda a quei rabbiosi cani le case ed altri beni loro; e si ridussero in vani luoghi ad abitare, finché in qualche modo cessasse tal persecuzione. E fra gli altri che fuggirono da quelle empie e scellerate mani furono Antonio e Paolo fratelli molto ricchi e possenti pur de` Mantelli, ed in essa famiglia principali: l`uno de` quali cioè Antonio ritirossi nella terra di Bizzozzero, poco lontano dal Borgo di Varese: l`altro cioè Paolo al Borgo di Locarno, ove la fazione Guelfa ovvero Vitana era assai grossa e potente. I quali ambedue fratelli furono poi per infelice loro sorte fatti prigionieri da compagni d`essi Mazzarditi, e partigiani ovver seguaci de` medesimi Rusconi, cioè Antonio nell`istessa terra di Bizzozzero, da un cognominato II Bianco di Leggiuno [sic!, ma in realtà Lezzeno] del Lago di Como, il quale aveva una grande compagnia di sgherroni e taglia cantoni, e Paolo da alcuni dalla villa di Lossono [sic, per Losone], giurisdizione di Locarno, mentre egli veniva dal detto Borgo di Locarno alla vicina terra d`Ascona; ed a medesimi Mazzarditi per certa somma di denari, venduti. Onde condotti separatamente a Cannobio, furono incarcerati con ceppi ai piedi nel suddetto Campanile; ed ivi poi con diverse minaccie [sic], percosse e tormenti costretti a dare ad uno degli stessi Mazzarditi, cioè a Giovanolo una loro sorella per moglie, da essi fratelli Mantelli mandata per maggior sicurezza a Pavia, e fargli cessione parte con titolo di dote, e parte con titolo di vendita, senza però il vero e real pagamento del prezzo, di tutti quasi i loro averi, e stettero quasi sempre carcerati parte nel Campanile e parte ne` Castelli ch`essi Mazzarditi fecero in quelle parti fabbricare come più abbasso diremo; in sino al tempo che tali malvagi furono da quelle parti del Lago Maggiore scacciati, come poscia a suo luogo verremo narrando.
Ora con l’occasione di perseguitare i Guelfi nel Borgo e Pieve di Cannobio nel modo già narrato, questi scellerati fratelli uno dei quali, cioè Simonello, indi a poco morì, si diedero a tiranizzare esso Borgo e Pieve, facendo infinite cose contro ragione ai quali neanco gli ufficiali stessi osavano contradire in casa alcuna, quantunque illecita e men che onesta. Imperocché imponevano delle taglie al comune di detto Borgo e Pieve, le quali scuotevano o facevano riscuotere senza contradizione alcuna o pigliavano per forza la roba ora a questo, ora o quello; ovvero facevano fare, da quei ch`avevano qualche bella proprietà, che ad essi piacesse, vendita di quella per pubblico istromento, sborsando nell` atto dell` istromento lealmente il prezzo; qual però di subbito dopo fatto l`istromento e rogato da un notaio loro amico e partigiano, ripigliavano senza alcuna contradizione dal venditore, oppure facevano al venditore istesso nell`andare a casa, de` loro seguaci per forza pigliare. E se alcuno si fosse mostrato renitente in fare tal vendita, lo facevano subbito imprigionare nel Campanile, dove poi con varii tormenti e strazii lo sforzavano a fare detta vendita, e tutto ciò che essi volevano, e talora gli toglievano non solamente la roba ma la vita ancora, non portando rispetto quantunque della fazione Ghibellina. È ben vero che queste ed altre simili cose comettevano per lo più contro quelli che erano tenuti e reputati per Guelfi. Con questi adunque ed altri modi illeciti, ed estorsioni e tirranie essi Mazzarditi si acquistarono molte e belle proprietà nella giurisdizione di Cannobio e diventarono in poco spazio di tempo ricchissimi. Violavano ancor delle donne sì maritate che non maritate, massimamente dei Guelfi, e se alcuna non avesse voluto acconsentire alle loro sfrenate e disoneste voglie, ed avessero ad essi fatta virilmente resistenza, le facevano mille oltraggi e talora colle proprie mani l`uccidevano. Rapivano altresì la moglie del Podestà di Cannobio, allora chiamato Vicario o Rettore, il cui nome era Giacomo Pozzi Giureconsulto di Vigevano; e la condussero alla villa di S. Agata non molto lungi da esso Borgo, ed ivi la violarono; in maniera che sotto alla tirrania di costoro non era salva né la vità, né la roba, né l`onore di persona veruna. E se alcuno per inavvertenza benché Ghibellino e ad essi Mazzarditi aderente, avesse avuto l`ardire di opporsi loro in cosa alcuna, benché illecita e poco onesta, od avesse lor dato qualche minimo disgusto, lo facevano immantinente prendere ed incarcerare nel Campanile, ed in varie guise tormentare, ed alcune volte uccidere, come appunto intervenne ad alcuni principali Cannobini pur della fazione Ghibellina, e loro amici e partigiani, e particolarmente a Martino Mazzirono gentiluomo molto ricco e possente in Cannobio, il quale avendo voluto ostacolare a questi malvagi in alcuna mala cosa, lo fecero far prigione, e condurre nel solito Campanile, dove dopo molti oltraggi fattigli, e tormenti datigli dai loro seguaci, finalmente lo fecero crudelmente uccidere ed ucciso seppellire nell`istesso Campanile, mettendo anco tutta la sua casa a sacco. Questo sì barbaro e crudel fatto mise tanto terrore e spavento a tutti gli abitatori del Borgo e Pieve di Cannobio, che nessuno quantunque Ghibellino ardiva d`aprir bocca e dire una minima parola contro sì fieri e crudeli tiranni, troppo potenti pel brando, che ad ogni loro richiesta avevano dai Rusconi e da altri loro amici e compagni. Oltre i mali che questi empii e scellerati Mazzarditi commettevano ogni giorno in Cannobio, e nella sua pieve, scorrevano ancora molte volte per tutte le terre del Lago Maggiore depredando e guastando col fuoco le case de` Guelfi e Vitaneschi, e molti di quelli uccidendo, oppure facendo prigioni, i quali poscia legati con ferri e catene conducevano a Cannobio nel Campanile, ovvero alla villa di Carmino, poco distante da esso Borgo la quale parimenti tenevano per fortezza essendo posta sopra un alto e precipitoso sasso a sembianza di una fortissima rocca; e tali prigioni poi sforzavano con diverse minaccie e martirii a far taglia, ovver di vita privavano. Il simile facevano dei prigioni che alla giornata andavano facendo nello stesso Borgo e Pieve di Cannobio, dei quali prigioni captivi alcuni fecero scannare, ed altri con una mazza coppare, altri impiccare alle piante e ad altri luoghi, altri gettare ad affogare nel lago, altri dall`alto ponte dell`Agostana vicino alla villa di Trafiume, buttar nell`alto ed oscuro fiume che sotto vi corre, altri precipitare dal sasso di Carmino nel lago quivi molto profondo, ed in altri barbareschi modi morire. Ed un giorno fra gli altri ne fecero ammazzare in Cannobio dieci, cioè sei in una volta ed altri quattro in un`altra, quasi tutti forastieri, cioè della terra d`Ascona e dei luoghi circonvicini, i quali tutti uccisi fecero legare insieme con una grossa fune e così legati fecero strascinare per terra (spettacolo veramente crudele ed orrendo), a guisa di tante bestie morte, e tirare alla riva del lago, e con un grosso sasso al collo gettare in esso lago; i quali poscia così morti e legati furono per divina disposizione trovati all`altra riva del lago nella terra di Germignaga ed ivi in luogo sacro sepolti.
Le terre poi che da questi ribaldi e nemici di ogni pietà furono più danneggiate sopra il lago Maggiore furono Locarno, Ascona, Cannobio, ed Angera, nella quale entrando costoro una notte con grossissima comitiva fecero grande strage ed uccisione de` Guelfi e Vitaneschi, abbruciando insieme una gran parte d`essa terra e tutta la Valtravaglia. E sebbene talor scorrendo altresì i Vitani con grossa compagnia per l`istesso Lago Maggiore, e venendo a Cannobio in assenza de` Rusconi loro contrarii (non avendo li Mazzarditi ancora fatto fabbricare li due castelli, che poi fecero fabbricare come poco appresso diremo), fossero per essi Vitani scacciati da quel Borgo e dalla sua Pieve, e le case loro e dei Ghibellini insieme messe a sacco ed a fuoco, nondimeno sopraggiungendo poi fra poco i Rusconi con le loro genti, i Vitani di forze inferiori, erano costretti di quindi partirsi; massimamente non potendo essi mai prendere l`antidetto campanile e palazzo ben difeso da guardiani e custodi, che dentro vi stavano ordinariamente a nome d`essi Mazzarditi, i quali perciò di subito il tutto ripigliavano e ricuperavano, perseverando poi nella loro crudeltà e tirannia.
Onde poi per maggior sicurezza, e per meglio tiranneggiare il Borgo e Pieve di Cannobio e danneggiare i popoli circonvicini, fecero fabbricare due fortissimi castelli, uno sopra un colle non molto discosto dalla villa di Trafiume le cui vestigia e fondamenta veggonsi ancor oggi, nel qual castello stava ordinariamente con buona guardia uno di essi Mazzarditi cioè Petrolo detto il Sinasso; l`altro sopra uno scoglio, ossia isoletta nello stesso lago, poco distante dalla riva della spiaggia di Cannero, dove al presente vedesi il castello detto la Vitaliana degli ill.mi Signori Conti Borromei, e chiamavasi il castello della Malpaga nel quale ordinariamente risiedeva con buona guardia un altro dei medesimi Mazzarditi cioè Antonio cognominato il Carmagnola; e li fecero fabbricare con diverse rapine, estorsioni e violenze, sforzando gli abitatori delle terre e ville circonvicine a lavorare senza mercede alcuna intorno a tali fabbriche, e facendo tagliare gli alberi e le piante nelle vicine selve e boschi e rovinare i muri delle vigne, come le case rustiche ed altri casamenti ed edificii propinqui, per adoperare le pietre, legnami e ferramenti intorno alle stesse fabbriche. Fatti tali castelli questi tiranni diventarono tanto più superbi, crudeli ed intollerabili, spogliando quasi tutti quei che per là passavano o navigavano e non erano dei loro amici o partigiani, ovver facendoli prigioni e mettendoli a taglia, ed infiniti altri mali commettendo non solamente nel Borgo e Pieve di Cannobio, ma eziandio in tutte quasi le altre terre del lago Maggiore; e perciò erano di molto terrore e spavento a tutti gli abitatori di esso lago e popoli circonvicini.
Queste cose intendendo poi il Duca Filippo Maria Maria Visconti (poco dopo la violenta morte del duca Giovanni Maria suo fratello, il quale fu da alcuni congiurati milanesi ucciso in Milano nel tempio di S. Gottardo l`anno MCDXII) mandò lor contro un esercito di 400 o fossero 500 soldati sotto la guida di Giacomo Lunati patricio milanese e capitano generale di tale esercito, il quale, (come riferisce il P. Moriggia nel libro 4 della sua Istoria di Milano, cap. 19) fu poscia Capitano di 1000 cavalli sotto il Duca Francesco I Sforza. Dal quale esercito dopo lungo assedio fu prima preso il castello di Trafiume come il meno forte e sicuro, eppoi quello della Malpaga; essendosi essi Mazzarditi pel mancamento delle cose necessarie finalmente resi a patto, ciò salva la vita e la roba, come anco afferma il P. Leandro nella descrizione d` Italia. Ed a questo modo costoro furono scacciati non pur dal Borgo e Pieve di Cannobio, ma anco da tutto il Lago Maggiore; i quali poscia andarono ad abitare in diversi luoghi fuori di quelle parti, e cioè [sic, forse per ciò] fu l`anno 1414 in circa del mese di Marzo, essendo durata la loro tirannia in esso Borgo e Pieve per lo spazio da dieci ad undici anni, cioè dal 1403 ovvero 1404 ch`entrarono in tal Borgo e lo presero, come già abbiamo narrato, insino al detto anno 1414; e nel medesimo tempo che questi tiranni furono da quelle parti del Lago Maggiore scacciati, furono ancora d`ordine e comandamento del memorato Duca Filippo Maria Visconti spianati e gettati a terra gli antidetti castelli da essi loro edificati. Vero è che dopo molto tempo, cioè l`anno 1519 nel luogo istesso sopra l`acqua ove era già il Castello della Malpaga, vi fece drizzare un`altro fortissimo castello il Conte Lodovico Borromeo, come poi diremo a suo luogo.
E tutte quasi le suddette cose sono state da me cavate da un processo di testimonii esaminati l`anno 1459 a favore ed istanza di Pietro e Giovanni, fratelli e figliuoli del sopranominato Antonio Mantello, in una causa civile allora vertente dinanti al Podestà o Commissario d`Arona delegato fra essi fratelli Mantelli da una parte, e Giovanni Pietro cognominato Bertoldo e Giovan Matteo fratelli Mazzardi e figliuoli d`uno degli anzidetti Mazzarditi dall`altra: il qual processo ora trovasi presso di me.
Ora s`egli è vero, come è verissimo e provasi chiaramente dal sopradetto processo, che questi Mazzarditi furono per l`esercito Ducale scacciati dalle parti del Lago Maggiore nel modo già narrato, adunque vero non sarà giammai quello che a relazione di Domenico Maccaneo, ha lasciato scritto Gaudenzo Merula nel già allegato cap. 15 del lib. 2 de Gallorum Cisalp. antiquitate, cioè che essi Mazzarditi fossero presi e con un sasso al collo sommersi ed affogati nel lago. Il che anco tanto più chiaramente dimostrasi falso, da questo che alquanti anni dopo che gli stessi Mazzarditi furono di là scacciati, cioè l`anno 1429, ebbero ricorso al già nominato Filippo Maria Visconti, e da lui ottennero la grazia non solamente quanto alle persone ma anco quanto ai beni, come appare da essa grazia concessa sotto il dì 16 di luglio del detto anno 1429 e registrata qui in Milano all`Ufficio degli Statuti del Comune dì questa città nel libro segnato C, fol. 88.
Scrive ancora il P. Fra Leandro nell`allegata descrizione d`Italia che passando Federico III imperatore di Germania da Bellinzona per andare a Roma a pigliare la Corona imperiale, gli si fece incontro Antonio, uno dei suddetti Mazzarditi con una onorevole e gran compagnia e molto magnificamente lo ricevè, presentandogli ancora de` ricchi doni, e che perciò esso Federico Imperatore lo fece Conte; il che parimenti non pare neanco verosimile, atteso che in quel tempo Federico III non era ancora stato assunto all`impero, e fu eletto imperatore soltanto l`anno 1440 in circa; e non venne in Italia per la corona Imperiale infino a l`anno 1452, come affermano gravi autori, nel qual tempo gli anzidetti Mazzarditi non pur erano già un pezzo fa stati scacciati dal lago Maggiore, ma anco, per quanto si può congetturare, erano già tutti morti, ed il Borgo di Cannobio già era stato insieme colla sua Pieve dal suddetto Duca Filippo Maria Visconte dato in feudo al Conte Vitaliano Borromeo, come a suo luogo diremo. È ben vero che l`anno 1412 e forse 1413 mentre essi Mazzarditi regnavano sopra il lago Maggiore, e tiranneggiavano il Borgo e Pieve di Cannobio, venne in Italia Sigismondo Imperatore per andar a Roma a pigliar la Corona Imperiale, e passando per Bellinzona giunse a Como, dove dal Conte Lutero Rusca allora signoreggiante in quella Città, di cui i Mazzarditi erano seguaci, fu con grandissimo onore ed apparato ricevuto, come scrive il Corio nella quarta parte della sua Istoria di Milano e nuovamente Francisco Ballarino, cittadino Comasco, nella sua Cronica di Como, parte 1 cap. 21.
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Carlo Alessandro Pisoni (Luino, 1962 - Varese, 2021). Seguendo le orme del padre Pier Giacomo, dal 1991 al 2017 è stato conservatore, per gentile concessione dei principi Borromeo, dell'Archivio Borromeo dell'Isola Bella. Appassionato studioso e ricercatore, ha sempre voluto mettere a disposizione degli altri conoscenze e scoperte, togliendo la polvere dai fatti che riguardano Lago Maggiore e dintorni; insieme a studiosi e amici, ha riportato alla luce tradizioni, eventi e personaggi passati dal lago, condividendoli con la sua gente.