STRUMENTI CULTURALI

del Magazzeno Storico Verbanese

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Elenchi di funzionari e cariche pubbliche in «LESA»

Denominazione:
Lesa
Breve Abstract:
Ricetto del ”Castellaccio”
Abstract:
Architettura fortificata o ricetto, l`edificio, sito sulla riva del lago a Lesa, in prossimità della frazione di Villa, ha impianto quadrato; reca una torretta collegata esternamente alla struttura muraria all’angolo orientato a Nord. Se ne ipotizza una possibile fondazione al V secolo, con ulteriori fasi costruttive al XII secolo. Il primo documento rintracciato è però solo del 1509, dove si menziona il ”Castellaccio”.
Descrizione dello stato di fatto: Il ricetto presenta un impianto a forma quadra irregolare (leggermente sghemba appena romboidale), di circa m 50 m x 50. Il lato a sud-est Il cui muro perimetrale risulta essere composto da un paramento grossolano in ciottoli rinforzato internamente ad intervalli regolari da pilastri. In origine essi sorreggevano una serie di archi, oggi diroccati e coperti dalla vegetazione su cui correva, a ridosso della merlatura, il cammino di ronda, in assonanza con quanto realizzato nella cortina perimetrale “debole” di protezione (sec. XIII) della rocca di Angera, o – per quanto ben più tarde – delle cortine Sud innalzate a completamento del perimetro difensivo dell’Isola Grande dei Castelli di Cannero. Per l’impossibilità di accesso al luogo, risulta difficile descrivere l’interno della struttura, che anche dalle attuali viste aerometriche risulta dotata di strutture di ricovero addossate alla cortina interna sui lati Sud-Ovest e Nord-Ovest. Il paramento è di vario tipo e dalle ispezioni condotte in passato può esser fatto risalire a interventi di edificazione e manutenzione tra i sec. XII e XVI. La torretta d’angolo a Nord è per la massima parte crollata; coperte dalla vegetazione sussistono resti di aperture e buche pontate, variamente interpretate dagli specialisti delle tecniche edilizie in fortilizi medioevali. Sul lato Sud-Ovest esiste una porta che, dando verso lago, in epoche antiche doveva rappresentare il punto di arrivo per chi attraccava alla riva daziaria; all’interno della cortina, fino agli anni Trenta del ’900 presentava coltivazioni di viti, sussisteva in angolo Sud Ovest un fabbricato di non chiaro uso, di cui verso il 1975 restavano una porta e una finestra architravata.

Localmente è detto “Castellaccio” o “Castello delle Monache”, portando a supporre che fosse il castrum di antica fondazione governato sin dal 998 dalle monache di S. Salvatore di Pavia; altra ipotesi, supportata dal documento del 1509, allude a possedimenti, ben più recenti, che in loco avevano le monache aronesi della Purificazione: il che quantomeno porrebbe un’ombra sulla persistenza del lontano ricordo circa possessi monastici del cenobio pavese, per facilitare invece la creazione del microtoponimo, forse solo a partire dal ‘600/’700. Secondo Frigerio e Pisoni il manufatto potrebbe risalire a epoche remote per l’impianto planimetrico a recinto rettangolare con torre angolare sporgente, sul tipo della fortezza lariana di S. Maria di attribuita al IV-V sec. In tal senso il castello sarebbe stato una cerniera tra una ipotizzata villa di antica fondazione classica di Lesa, e il centro abitato, ipotesi contrastata nel 1998, sulla base di osservazioni di carattere strutturale e architettonico. L’Andenna, a causa dell’incertezza di interpretazione dei testi in cui vengono nominati i fortilizi in Lesa e dintorni si limita a osservare che, dopo il documento del 998, l’unica notizia certissima di un castello a Lesa data del 1257 (sentenza del castellano del Vergante Enrico da Perego). Lo stesso autore nel 1982 sembra propendere per una identificazione del «castello di Lesa» menzionato nei documenti con il Castellaccio e lo data al XIII sec., ma indica una prima testimonianza del castrum nel X sec, rivalutando in tal senso la chiarezza del documento del 998. Si mantiene quindi l’incertezza sulla data d’origine del Castellaccio, che pure Grassi-Manni nel 1990 individuano come l’antico possesso del monastero pavese anche se la confusione sul nome e sulla datazione può essere ingenerata da successive e più tarde mutazioni di possesso. Si può concordare sull’evoluzione del fortilizio in epoca basso-medioevale. Nonostante le battaglie legali condotte per mantenere il controllo e rivendicare i buoni diritti sui possessi lesiani e verbanesi in genere da parte dell’abate di S. Donato della Scozzola di Sesto Calende il Castellaccio – durante un periodo di assestamento in cui la “curia” di Lesa entra nel perimetro dei possessi e dell’organizzazione daziaria dell’arcivescovo di Milano, tra fine sec. XII e metà XIV, per la sua posizione a riva, è il naturale punto di riscossione dei pedaggi per i mezzi in transito nel braccio di lago che esso controlla. Non vi sono elementi documentali certi per colmare il divario cronologico tra l’inizio del sec. XIII e il 1348, anno a cui tradizionalmente viene fatta risalire la fondazione del dazio arcivescovile di Lesa, appoggiandosi a una istituzione di un tariffario del 1348 richiamato in una lettera vescovile di Roberto Visconti del 1355; ma viene naturale pensare che la formalizzazione del tariffario corrispondesse a uno stato di cose tale per cui il punto di riscossione lesiano fosse già esistente da tempo, forse dall’inizio del ‘200 ancora dal secolo precedente, proprio nel Castellaccio: di qui probabilmente l’edificazione, o la riedificazione su antiche preesistenze altomedioevali) del manufatto che al Nigra parve ascrivibile al sec. XII, forse proprio come punto minore e di tipo prettamente fiscale (gabella daziaria) inserito nella cintura di sicurezza, e poi anche di potere fiscale, formata dal potere arcivescovile a protezione di Milano verso le Alpi. In effetti si può constatare per le strutture del Castellaccio un’assonanza del ricetto lesiano con il recinto fortificato di Intra (il cosiddetto Borgo di Sant’Ambrogio) che, totalmente in piano e affacciato sul porto, serviva quale luogo di raccolta e protezione per gli abitanti del villaggio. Entrambi i castelli distantano dal centro abitato antico (il nucleo di Intra sviluppatosi intorno all’attuale basilica di San Vittore, il borgo di Lesa sorge nell’ambito dell’attuale nucleo storico ridossato in un’ansa di lago, abbastanza lontano dal ricetto; entrambi possono fungere da punto daziario, o sosta di merci, collocati come sono presso la riva; per entrambi la cortina muraria, assimilabile a moduli si sviluppa su andamento quadrato, anche se nel castello di Intra la crescita del borgo urbano, ne rende quasi impossibile la lettura, mentre a Lesa, dopo una prima controversia persa con Arona sul diritto di mercato all’inizio del ‘300, resta solo il Castellaccio, punto di transito merci e gabella arcivescovile fino alla decadenza. Dopo la decadenza, il Castellaccio è lasciato a sé stesso, trasformato in possesso fondiario agricolo e non inglobato in un moderno nucleo abitato, con il sec. XVI vede iniziare un periodo di decadenza strutturale. Nel 1509 è documentato lo stato precario delle cortine murarie, soggette a crolli. Mantenuto a coltivo (vigna, anche nella corte interna), il Castellaccio entra in possesso della famiglia Conelli De Prosperi durante la metà del sec. XIX, per poi mantenersi a oggi, pur sempre nello stato di rudere ammantato di vegetazione, in mani private.



Bibliografia:
G. ANDENNA, «Per un censimento dei castelli», Castello di Lesa, in Novara e la sua terra nei secoli 11. e 12.: storia, documenti, architettura (a cura di Maria Laura Gavazzoli Tomea), Novara 1981, p. 315. G. ANDENNA, Castello di Lesa, in Andar per Castelli. VI. Da Novara tutto intorno, p. 732 (citazione del castello di Lesa con estremi di datazione), Milvia, Torino 1982. E. BALUZE (STEPHANUS BALUTIUS), Epistolarum Innocentii III romani pontificis libri undecim: Accedunt gesta ejusdem Innocentii & prima collectio decretalium composita a Rainerio diacono & monacho pomposiano Stephanus Baluzius ... in unum collegit, magnam partem nunc primum edidit, reliqua emendavit, apud Franciscum Muguet, Parisiis 1682, Tomus primus, pp. 335-337. F. CONTI, Castelli del Piemonte, I, Görlich Editore, Paderno Dugnano 1975, p. 161. V. DE VIT, Il lago Maggiore, Stresa e le Isole Borromee, Alberghetti, Prato 1877, vol. 1 parte I, p. 266-278 F. MEDONI, Memorie storiche di Arona e del suo castello, Novara 1844 C. MÜLLER, Fondazione del Borgo di S. Ambrogio, per opera dei Novaresi, nel luogo d’Intra, in «Archivio Storico Lombardo», XX (1903), fasc. XXXIX. P. FRIGERIO – P.G. PISONI, Tracce di sistemi difensivi verbanesi nell’Alto Medioevo, in «Verbanus» 1-1979, pp. 127-188. V. GRASSI, Beni e diritti dell’arcivescovato milanese nel Vergante, in «Bollettino Storico per la Provincia di Novara», a. LXXXII-1991, fasc. 2, pp. 887-898. V. GRASSI – C. MANNI, Il Vergante Lago Maggiore, Verbania 1990, pp. 149-150, 162-163. MIGNE, Cours de Patrologie Latine, Epistulae Innocentii III, I, 598, Paris 1844. M. MIRABELLA ROBERTI, La fortezza tardo romana di Santa Maria Rezzonico, in «Le fortificazioni del Lago di Como», Como 1971, p. 69 C. NIGRA, Torri, Castelli e Case forti del Piemonte. Il Novarese, Novara 1937 A. POTTHAST, Regesta Pontificum romanorum inde ab a. Christum natum MCXVIII ad a. MCCCIV. Graz 1957, p. 63 (regesto della bulla 1199 apr. 16) B. QUAGLIA, Il problema delle fortificazioni nell`Alto Medioevo: il caso di Lesa, Laurea in Lettere e Filosofia, Anno Accademico 1998-1999, Università degli Studi di Torino G. SOLDI RONDININI, Storia e territorio nel sec. XIV. L‘«Ordo pedagii» del Vergante (1348-1355), in «Verbanus» 13-1990, pp. 195-208 A.G. SPINELLI, Memorie spettanti a Sesto Calende, Milano 1880, pp. 29-34 P. ZERBI, «Ad solita castela archiepiscopatus exivit»? Landulfi de Sancto Paulo Historia mediolanensis, cap. 59). Intorno a un diploma inedito di Robaldo, in «Miscellanea Gilles Gérard Meersseman», Italia Sacra 15-16, Antenore, Padova 1970.
A Cura di:
   [Carlo Alessandro Pisoni]

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